COSA SI PROVA AD AVERE UN SUONO IN TESTA? – 1’ traccia Spostamenti e ridefinizioni

di Redazione Commenta

C’era uno spazio in disuso e c’era l’interesse per il suono, i segni e l’impero del linguaggio. Li abbiamo messi insieme pensando alla transitorietà di questo luogo, ex sede della Galleria Romberg ora in destinazione d’uso, e alla sua attuale natura di passaggio. Abbiamo riflettuto sui diversi tipi di linguaggi e sulla possibilità, non solo di contaminarsi a vicenda, ma di cedersi il passo. Accade così che da vibrazioni sonore si generino incisioni (Alessandro Fornaci), che un corpo di donna sia elevato a strumento musicale (Silvia Giambrone), che la parola ridefinisca il reale (Alessandro De Francesco), che flussi esterni, anche suoni piccoli ed insignificanti, de- soggettivati e rielaborati ci calino in nuove prospettive sensoriali dell’esistente (Roberto Pugliese).

Ci introducono nel percorso le tavole incisorie di Alessandro Fornaci (Roma, 1974; dove vive e lavora), dense di simboli e di segni ancestrali, più o meno ri-visitati, ri-considerati, ri- significati nella concezione universalistica di un presente infinito, dove passato remoto e futuro si muovono lungo la linea ciclica di un’eterna replica, nel teatro della realtà. Poco oltre le rappresentazioni grafiche dei cinque sensi nobilitati nei cinque solidi platonici – perfezione e bellezza – chiusi in una simbologia prorompente che affonda nell’astrologia, nell’alchimia, nella quintessenza. Ad impreziosire la ricerca di Fornaci è una performance dimostrativa delle sperimentazioni tecniche effettuate per ottenere, tramite vibrazioni sonore da fonti differenti, nuovi processi di stampa.
Ai piani inferiori le ridefinizioni di Alessandro De Francesco (Pisa, 1981; vive e lavora a Parigi) propongono una riflessione sugli ostacoli della comunicazione, di natura cognitiva, emotiva e socio-politica. Partendo dal problema dell’indicibilità e conseguentemente dell’impossibilità di comprensione, in mancanza di dati contestuali lineari, chiari e non contaminati, la prosa-poesia di De Francesco presenta una nuova definizione del reale e del sentito individuale, attraverso un linguaggio lirico, descrittivo e narrativo al contempo, che il poeta ama chiamare “linguaggio-mondo”. Perché la parola e i suoni identificano uno spazio- ambiente, lo descrivono, ma possono anche trasformarlo, ridefinirlo.

Esattamente come le composizioni sonore di Roberto Pugliese (Napoli, 1982; dove vive e lavora), di cui si presenta il progetto Aseptic, nato dall’incontro con musicisti improvvisatori napoletani (Mario Gabola e SEC_). Una musica di ricerca dettata da una spinta alla de- soggettivazione di flussi esterni (non soltanto sonori) – come pratica per sfuggire ad un moto accentrativo e disciplinatore proprio di ogni politica dell’individualità – si sposa con la capacità di Roberto di prelevare in tempo reale quei suoni dagli strumenti, rielaborarli e caricare di nuovi stimoli ed energie l’improvvisazione musicale: ri-significandola, quindi. Se i musicisti sono ricettori di flussi, un centro gravitazionale dei suoni circostanti, Roberto sviluppa un ulteriore processo di ricezione e ri-definizione, ad un triplo grado di distanza dalla realtà. Introduce il fruitore in altre prospettive, altre ambientazioni: lo estranea dalla percezione visiva per immergerlo in quella sonora, sottoponendo la nostra psiche ad una continua esperienza sensoriale.

Non si sottrae Silvia Giambrone (Agrigento, 1981; vive e lavora a Roma), il cui video Viola e un poco nervosamente documenta una splendida performance musicale svoltasi nel 2010 all’Upload Art Project di Trento con i musicisti dell’orchestra JFutura di Trento (Alessandro Bianchini alle percussioni e Jacopo Mazzonelli al pianoforte). Una performance dalle sonorità irripetibili, poiché a dettarne il ritmo è stato il battito cardiaco in quell’allora dell’artista, il cui corpo s’è fatto strumento musicale. L’intento artistico è dimostrare come le relazioni cambiano a seconda del significato attribuito al corpo. Il titolo Viola e un poco nervosamente è tratto dalla poesia di Vladimir Majakovskij. Nel termine “viola” la duplice accezione di strumento musicale a corde e del verbo “violare”, nel significato di infrangere. Il corpo seminudo di Silvia-donna è infatti soggetto a tutta una serie di inibizioni; che decadono nel suo divenire strumento musicale, sublimato nella suprema arte della Musica cui tutto è lecito. Una performance straordinaria per un connubio fra musica e corpo, dove la musica si incarna nel corpo e il corpo si fa medium musicale. In un infinito scambio fra concretezza ed astrazione, in un gioco metaforico di rimandi.

Sound Happenings
•    26 luglio – ore 20 di Alessandro Fornaci e Dam Cchoi. •    8 agosto – ore 22 di Max Mattoni, guitarist & arranger.

COSA SI PROVA AD AVERE UN SUONO IN TESTA? 1’ traccia
Spostamenti e ridefinizioni
a cura di Elena Abbiatici e Valentina G. Levy 26 luglio – 8 agosto 2011
Opening 26 luglio – ore 19 presso NOWHERE Piazza De Ricci 127, Roma

foto: Da sx: A. Fornaci, IIIRA3MA, 2011; R. Pugliese, Unità minime di sensibilità, 2011 (Courtesy Studio la Città – Verona e Foto di Michele Alberto Sereni); S. Giambrone, Viola e un poco nervosamente, 2010.

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