Il fascino irresistibile della Parigi degli anni Venti rivivrà quest’autunno a Palazzo dei Diamanti attraverso le creazioni di grandi maestri della modernità all’apice della loro carriera. Monet, Matisse, Mondrian, Picasso, Braque, Modigliani, Chagall, Duchamp, De Chirico, Miró, Magritte e Dalí furono allora i protagonisti di un periodo di eccezionale vitalità artistica che ebbe come palcoscenico Parigi all’indomani della Grande Guerra. In quegli anni, che furono chiamati “folli”, i costumi liberali, il fermento intellettuale, il clima cosmopolita, i teatri, i caffè, il jazz, le gallerie attirano da ogni parte del mondo nella capitale francese musicisti, scrittori, coreografi, cineasti e artisti in cerca di fortuna e celebrità. Nella Ville lumière, novella mecca dell’arte, si respira l’aria di una nuova era, contrassegnata da un senso di libertà e da un desiderio di rinascita, che stimola la fioritura di un autentico laboratorio internazionale di idee e creatività.
Attraverso dipinti, ma anche sculture, costumi teatrali, fotografie, ready made, disegni, provenienti dai più importanti musei e collezioni private del mondo, la mostra, organizzata da Ferrara Arte, rievocherà quella stagione irripetibile che ha visto intrecciarsi le principali tendenze artistiche del Novecento, prima che l’ascesa del Terzo Reich in Germania cambiasse in maniera irreversibile il clima europeo.
Sollecitati dal fermento di quel crocevia internazionale, i più grandi artisti del tempo rimettono in gioco le loro ricerche sviluppando una straordinaria energia creativa. Ne deriva uno stupefacente caleidoscopio di stili che, in sintonia con gli ambivalenti sentimenti del dopoguerra, oscillanti tra incertezza ed euforia, esprimevano ora la necessità di riconquistare una nuova armonia che potesse allontanare il ricordo del conflitto, ora la volontà di rompere con il passato per ripartire da zero e dar vita a un’arte completamente inedita.
La mostra prende le mosse dalle opere di due maestri impressionisti ancora attivi ed influenti nel primo dopoguerra. Se la monumentale Fonte di Renoir rivelò a Picasso e ai suoi colleghi la forza di una rilettura moderna dell’arte classica e rinascimentale, opere rivoluzionarie di Monet come il Ponte giapponese scardinarono qualsiasi idea di rappresentazione naturalistica e prospettica, giungendo alle soglie dell’astrazione.
Ad incarnare il carattere cosmopolita e bohémien della vita artistica parigina sono i ritratti e i nudi della cosiddetta “Scuola di Parigi”, una variegata costellazione di giovani artisti stranieri – come Modigliani, Chagall, Van Dongen, Foujita o Soutine – accomunati da uno stile figurativo fortemente personale, coerente con il sogno di libertà che li aveva attratti nella capitale francese. Le forme piene e armoniose del Nudo di Modigliani sono anche rivelatrici di quell’aspirazione all’equilibrio cui daranno voce in modi diversi molte delle tendenze attive a Parigi negli anni Venti.
Capolavori come Mandolino, bicchiere, fruttiera e frutta di Picasso e Il tavolino rotondo di Braque testimoniano lo stile elegante e misurato sperimentato in questa fase dai padri del cubismo. In quegli anni il genio multiforme di Picasso si manifesta anche in altre direzioni. Egli fu tra i pionieri, assieme a Derain e a De Chirico, di quel moderno classicismo che si impose negli anni Venti riattualizzando temi tradizionali come le bagnanti o i soggetti tratti dalla commedia dell’arte: ne sono espressione i maestosi Nudo con gatto di Derain e Due figure mitologiche di De Chirico, o ancora il raffinato Pulcinella malinconico di Severini. A loro volta Matisse e Bonnard recuperano una vena naturalistica nelle sensuali figure create al sud e in Normandia ma esposte a Parigi, come i bellissimi Nudo disteso e Nudo su sfondo giallo. Sempre a Parigi, dal 1919, l’olandese Piet Mondrian diede alla luce le sue rivoluzionarie composizioni neoplastiche ispirate a un principio di ordine universale, che rappresentavano un’ulteriore risposta alle ansie e ai timori del periodo postbellico. In mostra è presente Grande composizione A con nero rosso, grigio, giallo e blu una delle sue primissime opere a griglie di colori puri.
Il teatro rappresentò un’importante frontiera per gli artisti, che idearono costumi e scenografie per compagnie sperimentali come i Balletti Russi e i Balletti Svedesi portando sulla scena la genialità delle loro ricerche creative. Uno spettacolare allestimento di costumi, bozzetti e riproduzioni di apparati scenici di Matisse, Larionov, Léger e De Chirico restituisce la suggestione di quelle “opere d’arte totale” nate dall’incontro tra musica, coreografia e arti visive.
Con il dadaismo e il surrealismo irrompe sulla scena artistica parigina l’esuberanza creativa e lo spirito radicale dei movimenti d’avanguardia. Ironiche, provocatorie e iconoclaste, le opere dei dadaisti prendono di mira le convenzioni morali e culturali della società borghese. Ne sono esempi emblematici i ready made di Duchamp, Air de Paris o Fresh Widow, e di Man Ray, Cadeau, così come le “macchine inutili” di Picabia quale L’oeil. Camera. In seguito, la nascita del surrealismo riaccende un progetto utopistico di portata universale: restituire al mondo un significato nuovo, che possa aprire la strada alla liberazione spirituale e materiale dell’umanità. La mostra si chiude con le tele e le sculture di Ernst, Miró, Masson, Magritte, Tanguy, Giacometti e Dalí, dense di immagini oniriche e perturbanti, come finestre aperte sul meraviglioso che invitano ad abbattere ogni inibizione e a risvegliare il desiderio e l’immaginazione.