Patinato ed allo stesso tempo ultra-esclusivo, il mondo dell’arte contemporanea non è mai stato così incastrato in tic e contraddizioni come in questi ultimi tempi. Al grido di “l’arte non può essere accessibile a tutti”, parafrasando un seppur ben più illuminato Carmelo Bene, le direzioni di molte prestigiose manifestazioni fieristiche hanno da tempo deciso di operare una scrematura delle gallerie partecipanti, permettendo l’accesso in fiera solamente a quei dealers che a loro parere rappresentano la creme de la creme della scena. Chi non fa parte della lista non può essere considerato un attore principale del mercato.
Lo stesso dicasi per molti premi e concorsi d’arte che hanno scelto di istituire una formula a chiamata diretta. Gli artisti invitati sono accuratamente scelti dai selezionatori e solitamente sono spalleggiati da gallerie private che “contano”. Nessun’altro può partecipare ed il pubblico da casa può solo leggere sui magazine del settore il nome dei vincitori dei tanto agognati premi. Nella peggiore delle ipotesi anche le cerimonie di premiazione sono a numero chiuso. E che dire invece dei vernissage ai musei, anche quelli molto spesso sono sotto invito, mentre dal giorno dopo le mostre sono a pagamento, con il risultato che alcune di esse sono talmente noiose che gli spazi museali rimangono completamente deserti. Inutile aggiungere che le mostre sono noiose perché qualche direttore ha scelto di privilegiare una cerchia di artisti (tutti in coro) spalleggiati dalle gallerie che contano.
A tirar bene le somme questi esclusivismi rischiano di allontanare il grande pubblico dall’arte contemporanea. Noi sappiamo bene che dealers e gallerie non hanno bisogno del grande pubblico ma di pochi e selezionati collezionisti disposti a sborsar soldi ma i grandi artisti ed i grandi musei hanno comunque bisogno di pubblico, altrimenti il sistema è destinato ad un noioso monologo dai giorni contati. Il rischio di escludere il grande pubblico e con esso anche il collezionismo casuale è grande. Non sono solo i colossi a far girare il sistema come le grandi imprese non rappresentano l’unica realtà di questo Paese. Speriamo che prima o poi questo concetto divenga chiaro a tutti.
ruocsi 27 Settembre 2011 il 15:21
e meno male che c’è la musica, il cinema e la letteratura…
Guido 27 Settembre 2011 il 15:24
meno male che non sono tra quelli che contano e se continua così come si spiega bene in quest’articolo rimarranno solo gli imbroglioni….