Da anni si tenta il riposizionamento di Milano come città di cultura, oltre che di moda, e non è bastato l’acclamato Museo del ‘900, le cui pecche non sono da discutere in questo momento, a convincere il pubblico. La scorsa settimana è stato fatto un ulteriore mossa in quella direzione, un grande passo per la città che però mette in apprensione: verrà valorizzato nel modo giusto?
Alla presentazione della prima parte di Gallerie d’Italia, nuovo polo museale realizzato da Intesa San Paolo e Fondazione Cariplo, l’assessore Stefano Boeri ha auspicato alla nascita di un triangolo virtuoso formato da Palazzo Reale-Museo del ‘900 con Le Gallerie d’Italia e la Pinacoteca di Brera. Se non si considerano i lavori di manutenzione e ammodernamento che avrebbe bisogno la Pinacoteca per essere considerata un museo a livello internazionale, il piano si sposta sul livello comunicativo e di offerta, come dire: si può fare se c’è la volontà. D’altronde lo spirito con cui è stata presentata questa prima parte di museo, tutta sull’Ottocento italiano, è stato propositivo. L’idea stessa da cui nascono le Gallerie è quella di condivisione e sviluppo dell’arte, vista non solo come bene da proteggere, ma da far fruttare; il tutto gestito su piani pluriennali.
Nell’attesa della conclusione dei lavori, guidati dall’architetto Michele De Lucchi, che porteranno alla luce nella prossima primavera l’ala dedicata all’arte del Novecento, la visita alle Gallerie sarà gratuita. Le 197 opere esposte raccontano l’evoluzione sociale, prima ancora che artistica, dell’800 italiano, con particolare attenzione alla città di Milano. Il percorso voluto dal curatore Fernando Mazzocca è ineccepibile: didascalico e didattico, ma al contempo piacevole e affascinante. La scelta della classificazione per generi, tipica dell’800, per dividere in tredici momenti la sequenza storica è coerente con gli intenti, rispetta la storia, e mette a confronto protagonisti e tecniche.
Si parte dunque, al piano terra di Palazzo Anguissola, con 13 bassorilievi del Canova, testimone della tensione etica del Neoclassicismo e dell’incontro tra scultura e pittura. Si incontrano poi le tele romantiche di Hayez che, assieme ai lavori del Migliara, erano considerate da Mazzini come le fondamenta su cui costruire lo spirito nazionale: il primo raccontava gli sfarzi del passato, mentre il secondo dipingeva il presente di rivoluzione. La pittura urbana e prospettica si concentra su Milano, la maestosità del Duomo e la vita lavorativa sui navigli mettono in luce l’anima della capitale morale d’Italia. Segue il naturalismo di artisti come Calvi, Poma e Gola, legati a doppio filo alla visione della natura del Manzoni nei Promessi Sposi. I quadri dei Macchiaioli invece mostrano la presenza dell’arte nostrana fuori dai confini, con un legame evidente con la Parigi impressionista. L’avvento dell’industrializzazione si manifesta con la fuga degli artisti in luoghi appartati, nasce così a fine secolo la pittura alpestre; il paesaggio cittadino ormai violato lascia spazio alla natura incontaminata delle alpi. Infine il simbolismo italiano, sospeso tra realismo e immaginazione con incursioni in teorie dannunziane di stampo eroico. L’entrata nel nuovo secolo passa proprio da qui, il legame tra le opere di Previati con il primo Boccioni, il quale, nell’ultima sala, fa presagire l’avvento della velocità, del Futurismo e l’entrata trionfale di Milano sul panorama mondiale dell’arte.
Un offerta ricca e coinvolgente, come quella che ci immagineremmo in musei d’alta caratura a Parigi o Londra, e la dimostrazione che l’arte italiana è sempre stata al centro dell’azione. Oltre alla collezione splendida che fortunatamente la Fondazione Cariplo (sono gran parte sue le opere di questa prima parte) ha voluto far emergere da uffici e caveau per metterla in mostra e farla finalmente rivivere, altro fattore fondamentale da elogiare è l’intervento di De Lucchi. Rispettoso degli spazi ha posizionato le opere su cavalletti imponenti nelle stanza iniziali, dove gli stucchi e gli affreschi che ornano i soffitti di palazzo Arguissola raccontano di una aristocrazia in declino il cui sfarzo è fiabesco. Nella sale borghesi invece i quadri son disposti a quadreria, come si usava a quel tempo. Infine, nell’adiacente palazzo Brentani ha costruito stanze dalla forte personalità, ognuna dai colori profondi, ma totalizzanti.
Nella speranza che il modello di evidenza pubblica dei patrimoni artistici venga condiviso sempre più come vera forza propulsiva per la crescita, anche e soprattutto economica, facciamo vivere questa piccola nuova perla nel centro di Milano.