Stavolta addirittura non l’ho nemmeno trovato in originale, ma doppiato in inglese, con sottotitoli in italiano però si. Il film argentino scritto e diretto dal regista Nicolas Goldbart è una mista di fanta horror e parodia di se stesso, ne viene fuori un grottesco con momenti di suspence e di ironia surreale mai demenziale.
Un edificio in un mondo in quarantena, un uomo che cerca di difendere la sua donna in cinta e la degradazione che lentamente si impadronisce di tutti gli inquilini. Non si conoscono i termini della malattia da cui ci si protegge, nè la durata della quarantena, compare una misteriosa cassetta che presuppone un complotto per fronteggiare con malattie di laboratorio la sovrappopolazione mondiale. La lotta per le riserve di cibo, chi ne ha di più, chi ha cosa, ma anche colpi di tosse probabilmente innocui guardati con sospetto condiscono il tutto.
Viene in mente Shaun of the dead, ma anche Delicatessen, tuttavia i riferimenti grotteschi sono imprecisi poichè Phase 7 tiene un eleganza tutta sua. Se gli altri due erano per intenderci il primo un indie rock di grande ritmo e il secondo una giocosa ballata francese zigana, Phase 7 non è proprio un sottile tango, ma almeno una divertita milonga, “un’allegria del tango”, come scriveva Paolo Conte.
È un film su un disastro epocale nel quale si vede soltanto un singolo edificio, un film sulla fine del mondo senza la situazione mondiale, un film sugli zombie senza gli zombie... del zombie-movie ha le premesse e le frasi ma mai vediamo la “malattia” in cosa trasforma la gente… solo barlumi, inizi, attimi. Per me da non perdere.