Anti-age è il titolo che Diego Iaia ha pensato per la sua seconda personale che inaugura il 2 dicembre presso The Gallery Apart di Roma, una mostra concepita come un momento di rallentamento e sfasamento temporale caratterizzato dalla contraddizione tra tempi di esecuzione e risultato estetico finale, tra furto, duplicazione e camuffamento.
Modalità e tempi del fare artistico, rapporto tra arte e rappresentazione del corpo, ineludibilità della correlazione tra artista e falsificazione sono i temi che Iaia declina mediante un corpus di opere che attraversano i vari media a disposizione di un pittore del XXI secolo. E’ dunque l’esigenza di chiarire il ruolo e la metodologia operativa dell’artista oggi la molla che ha spinto Iaia nella sua ricerca. Se entra in crisi la chiave di lettura con cui il postmodernismo ha centrifugato e messo in discussione valori e modelli di riferimento, l’arte può tornare ad interrogarsi sulla propria funzione? Ci può essere spazio per una fruizione e, prima ancora, per una produzione artistica che necessiti di un tempo di riflessione? Diego Iaia risponde di sì, e si è preso il tempo per riflettere sul rapporta tra opera e autore, tra autore e autore, tra processo e prodotto.
Emblematica da tale punto di vista è l’opera Ralenti, un dripping monocromo di Jackson Pollock, pedissequamente ricalcato su una tavola di legno attraverso la tecnica dell’incisione con sgorbia, scalpello e trapano elettrico. Lavoro di mesi per riprodurre le forme di un dipinto le cui peculiarità sono il ritmo e l’immediatezza di esecuzione. Il procedimento della sgocciolatura viene rallentato e quasi paralizzato dalla materia spigolosa del legno e dalla pittura nero-lucido stesa su tutta la tavola, che fa intravedere le forme solo attraverso il rilievo. Un goffo tentativo di furto dell’inconscio-subconscio di Pollock? Identità, inconscio-subconscio duplicati e serializzati?
Identità, duplicazione e concezione epidermica della pittura sono i temi affrontati con il quadro intitolato La carne realizzato interamente con fondotinta sciolto, raggrumato e sgretolato su una tavola. Un’opera che si colloca nel solco della ricerca che Iaia conduce da tempo sul ritratto e sulle infinite possibilità di rappresentazione della figura umana. La simulazione della carne è l’obiettivo che Iaia raggiunge attraverso il contenuto di centinaia di confezioni di un prodotto con cui milioni di persone ogni giorno dipingono il profilo con cui intendono presentarsi al mondo, milioni di autoritratti realizzati allo specchio per copiare se stessi o gli altri. E’ l’evocazione di un fare artistico diffuso che Iaia rende ancora più esplicito nel video L’artista, realizzato con il regista Frank Malone, in cui una donna con il volto segnato dal tempo si cosparge il viso di crema e fondotinta, fino a ringiovanire nel giro di pochi secondi, salvo poi inesorabilmente e altrettanto rapidamente subire il riaffiorare dei segni; e si ricomincia in un loop infinito accompagnato dalla musica di David Bowie, il grande maestro del travestimento e del trucco.
Un’ulteriore contraddizione tra effetto visivo finale e tempo di esecuzione è tentata attraverso la simulazione di collage dipinti a olio, Untitled. Il collage, una pratica spesso immediata e veloce, viene in questo caso rallentata con la tecnica ad olio. Questi dipinti sono dei ritratti composti da frammenti di volti diversi, che tentano di affermare la propria identità, annullata però dalla superfetazione dei tratti somatici.
Simulazione e ripetizione tornano con ancora più veemenza nell’opera Il manuale del falsario, una composizione di immagini fotografiche di uomini e donne che sottopongono i loro visi a trattamenti cosmetici cui Iaia affianca fedeli riproduzioni di falsi disegni del ‘500 venduti (come autentici) da Eric Hebborn, uno dei più ‘celebrati’ falsari del ‘900, ai principali musei del mondo. Iaia copia perfettamente il falso e produce l’effetto di invecchiamento della carta grazie alle accurate indicazioni fornite dallo stesso Hebborn nel libro ‘Manuale del falsario’. La dinamica originale-falso-imitazione del falso innesca dunque una spirale che teoricamente potrebbe continuare all’infinito.
Chiude il progetto una scultura di una testa poggiata su un plinto, Eterno presente. Plinto e scultura sono rovesciati in modo che la testa sfiori una base costituita da uno specchio. Avvicinandosi alla scultura si ottiene una visione raddrizzata dell’opera che sprofonda nel pavimento sospesa nel vuoto costituito dal riflesso dello spazio tra il plinto ed il soffitto. In questo caso il gioco tra realtà e finzione sconfina dalla mera percezione visuale mettendo in discussione il punto di vista e l’equilibrio dello spettatore.