“Sono cresciuto a pane e spettacolo, adoro l’esibizionismo ma questo mondo dell’arte è divenuto troppo esibizionista e troppo spettacolare anche per uno come me. Mi chiedo se i grandi collezionisti siano ancora innamorati dell’arte contemporanea o siano solo pronti ad ostentarla nelle loro ricche case. Curatori e galleristi invece sono privi di coraggio ed intuizione. Preferiscono esporre video noiosi ed opere post-concettuali incomprensibili”.
Queste parole comparse pochi giorni or sono sul Guardian sono di Charles Saatchi, uno dei più grandi squali del mercato dell’arte nonché ideatore della generazione Young British Artists. Parole dure ma sensate, eppure vien da sorridere se si pensa che è stato proprio il celebre dealer, una ventina di anni fa, ad inaugurare una lunga stagione costellata da opere spettacolari, votate allo spettacolo. Il boomerang lanciato da Saatchi è rimbalzato pericolosamente all’indietro, finendo per colpire il suo ignaro padrone. Oggi il povero Charles sembra aver aperto improvvisamente gli occhi, mettendosi a riflettere su ciò che fra le nostre pagine si discute ormai da tempo immemore. Il meccanismo della società dello spettacolo dell’arte ha deluso anche il ricco mercante ed ora gira senza pietà, inglobando ciò che rimane del puro intento creativo. Drammaticità ed impeto sono ormai baluginanti ricordi, poiché l’arte si è arresa a tutto ciò che non ha significato, a tutto ciò che appare ermeticamente asettico. Eppure il buon vecchio Saatchi ha sempre portato avanti la pittura, vale a dire il medium che oggi ci appare come l’unico antidoto contro il New Industrial Minimalism infarcito di pezzi di cemento gettati a terra, lamiere contorte e piume di pavone.
I collezionisti sono sempre stati amanti dell’ostentazione ma qui il punto della questione è un altro. La spettacolarizzazione da un lato e l’inconcludenza concettuale dall’altro hanno generato una perdita di contenuti che di fatto ha allontanato il pubblico. Critici e galleristi seguono quest’onda senza batter ciglio ma lentamente tutto si sta dirigendo verso il punto del non ritorno. C’è ancora un barlume di speranza e forse le parole di Saatchi ne danno prova certa, bisogna riportare l’opera al centro del mondo ma questo mondo deve aver basi solide. Possiamo ricostruire tutto da zero, del resto abbiamo secoli di storia alle nostre spalle, basta solo non polverizzarli all’interno di un reality show.
Micol Di Veroli