Come molti dei nostri lettori ricorderanno, ad agosto, circa 43 lavoratori del gigantesco brand internazionale Sotheby’s hanno dato vita ad uno sciopero causato dal mancato rinnovamento del loro contratto, scaduto verso la fine di luglio. In seguito i movimentatori di opere d’arte (che lavorano con la celebre casa d’aste da oltre 7 anni) hanno pensato bene di passare alle maniere pesanti, visto che Sotheby’s li aveva rimpiazzati con altrettanti operai della Crozier Fine Arts, infangando il sacrosanto diritto allo sciopero di tutti i lavoratori del mondo.
I lavoratori hanno così lanciato diversi sit in e diverse “invasioni di campo” ad asta aperta, costringendo così Sotheby’s ad una contromisura senza precedenti, vale a dire quella di chiudere al pubblico le sue gallerie poste al 10 piano del quartier generale di New York, dove solitamente vengono esposte le opere che andranno all’asta. Ebbene, alla protesta dei movimentatori di Sotheby’s si aggiunge oggi quella dei movimentatori della società Local 966 che da diverso tempo lavora per il Whitney Museum of American Art in quel di New York. I lavoratori hanno da diverso tempo intavolato delle negoziazioni con la direzione del museo per siglare un nuovo contratto, visto che l’attuale scadrà il prossimo 31 gennaio. Attualmente però le due parti non sono riuscite a raggiungere un accordo ed il bello è che tra non molto il museo dovrà lanciare la prestigiosa Whitney Biennial edizione 2012 e potrebbe trovarsi senza personale per l’allestimento. Ma in sostanza cosa chiedono mai questi lavoratori? Niente di eccezionale visto che le richieste parlano di un aumento dello stipendio del 4% a fronte di un aumento del costo della vita del 6%, 6 settimane pagate di maternità (visto che uno dei lavoratori è attualmente in stato interessante), straordinari pagati per i lavoratori temporanei ed una riduzione delle tasse per le cure mediche le quali al momento “succhiano” il 10% dello stipendio.
I vertici del Whitney hanno respinto tutte le richieste, con una controproposta di un aumento dell’1% sulla paga annuale. Insomma, non ci sembra che la “ricca” istituzione si stia sforzando molto per venire incontro ai suoi “poveri” lavoratori. Quando si dice tutto il mondo è paese.