Aleksandr Sokurov e Faust dal cinema alla video arte

di Redazione Commenta


Con Faust, Aleksandr Sokurov chiude in bellezza la sua grande tetralogia fondata sul potere ed i suoi effetti devastanti sulla natura umana. Dopo aver preso in esame le figure di Adolf Hitler (“Moloch”, 1999), Vladimir Lenin (“Il Toro”, 2000) e l’imperatore giapponese Hirohito (“Il Sole”, 2004), il grande regista, autore di Arca Russa (2002), si concentra sul dottor Faust di Goethe che in sostanza contiene tutti i personaggi delle pellicole precedenti e riassume in sé l’essenza della condizione umana.

Nelle mani di Sokurov, la grande leggenda del dottore deluso ed annoiato dalla vita che stringe un patto con il diavolo per ottenere conoscenza e piacere, diviene metafora dell’esistenza stessa in un continuo rotear di macchina da presa e destini, un turbinio perpetuo che costringe i protagonisti ad errare senza una meta all’interno di un universo ottocentesco che pare proiettato all’indietro nel tempo e regala visioni che si accostano ai capolavori di Hieronymus Bosch con frammenti botticelliani in alcune scene dominate dai personaggi femminei. La continua ossessione per il cibo, per il denaro, per la follia e per la morte permeano l’intera pellicola mentre i dialoghi frenetici e costantemente sovrapposti moltiplicano la sensazione di un caos diffuso che sembra non aver ne inizio ne fine. Tra scontri di corpi e scenari decadenti, Sokurov compie un miracolo di precisione estetica e complessità visiva, saturando tutto sui toni del verde e donando così all’intera storia un’aura sinistra e malata.

Incredibile la prova attoriale di Johannes Zeiler (Faust) e Anton Adasinskiy (Mefistofele) che da soli riescono a sorreggere l’enorme peso di un’opera perfettamente in bilico fra cinema e video arte. Una produzione da 8 milioni di euro che ha un valore inestimabile, con scene girate in Repubblica Ceca ed in Vaticano per poi chiudersi tra i ghiacciai dell’Islanda, regalando al pubblico un’immagine sublime e totale del lato più buio e profondo dell’animo umano.

Micol Di Veroli

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