La Bevilacqua La Masa è l’unica istituzione italiana a mettere a disposizione 12 atelier per giovani artisti per un anno intero. Ogni anno dal 2007 la fine della residenza è segnata da una mostra collettiva. Anche nel 2012, nella galleria di piazza San Marco, si potranno vedere dodici artisti, dodici opere a conclusione dell’anno di lavoro passato all’interno degli studi della Fondazione Bevilacqua La Masa. Gli artisti assegnatari degli Atelier BLM (Nico Angiuli, Lia Cecchin, Nebojša Despotović, Nina Fiocco e Nicola Turrini, Martino Genchi, Giovanni Giaretta, Alessandra Messali, Andrea Napolitano, Luca Pucci, Chiara Trivelli, Aleksander Velišček, Serena Vestrucci) dal 2 di febbraio mettono in mostra i loro lavori nella Galleria di Piazza San Marco.
Una esposizione che fa entrare lo spettatore in un “Lunar Park”, un ambiente immersivo che trasforma le mura familiari della Blm in un mondo suggestivo composto da dodici situazioni diverse che riflettono le visioni degli artisti. Ecco allora che Nebojša Despotović attraverso alcune tele e un grande murales rievoca memorie senza tempo. Immagini definite, tratte dalle miriadi di fotografie che la rete mette a disposizione di tutti, vengono rielaborate, sfumate e restituite alla collettività dall’intervento dell’artista. E in esse ognuno può ritrovarsi.
Nico Angiuli, partendo dallo studio delle tecniche di coltivazione del riso, concepisce quella che lui stesso definisce una sagra atipica. Ripercorrendo la vecchia tradizione della festa di fine raccolto, dove le mondine festeggiavano a riso e vino, l’artista propone un incontro tra la tradizione italiana e la cultura cinese. Un video, studio per un ritratto, racconta invece l’esperienza svolta da Giovanni Giaretta presso la casa delle farfalle di Montegrotto, Padova. L’artista registra scrupolosamente la relazione che l’entomologo Enzo Moretto ha con questi insetti. Tramite delicatissimi movimenti vengono accentuati i particolari meccanismi di riflessione e rifrazione della luce prodotti dalle microscopiche strutture presenti sulle ali delle farfalle.
Alessandra Messali presenta un impianto scenico nato dallo studio delle componenti architettoniche dello spazio espositivo. Attraverso un intreccio di struttura e luci, l’artista propone al visitatore non una nuova rappresentazione teatrale, ma uno sguardo inedito sulla realtà. ll progetto di Andrea Napolitano nasce dallo studio dell’area abbandonata dell’Ospedale al Mare del Lido di Venezia. Struttura di grande importanza è oggi uno degli esempi di archeologia urbana lasciata morire. L’opera prevede la riattivazione elettrica di una serie di strumenti trovati direttamente sul posto e che in passato hanno avuto una funzione clinica ben precisa.
Il coro e di conseguenza la cultura del tifoso di calcio diventano per Luca Pucci uno strumento di identità popolare, un pretesto per riaffermare, nell’era della globalizzazione, l’importanza della fede in un ideale. Registrando diversi cori, dove si sfogano l’appartenenza e l’avversione dei tifosi, l’artista ne presenta le diverse funzioni.
Chiara Trivelli racconta le tappe di un lungo progetto che ha realizzato nel territorio del Nord-Est d’Italia, in alcune aree di marginalità dell’area alpina. L’artista, attraverso progetti condivisi con le comunità locali, ha raccolto immagini e documenti su tradizioni, memorie personali e architetture rurali rielaborandole a formare nuove suggestioni, che rinnovano la consapevolezza e la vita culturale di queste comunità.
Riproducendo frame presi da video amatoriali Alexander Velišček, nelle sue tele di grande formato, sottolinea come le narrative e i contesti che determinano le nuove frontiere della rappresentazione pornografica stiano a sottolineare fantasie di dominio e desideri di controllo del potere.
La sfera di ceramica di Serena Vestrucci, un’opera che nelle sembianze rimanda ai giochi dell’infanzia, è una riflessione sui meccanismi che governano la formazione del valore economico di un’opera d’arte: è l’acquirente stesso a stabilire il prezzo d’acquisto. Lia Cecchin presenta un’installazione frutto di un’azione performativa in cui delle piante morte vengono vandalizzate con lo scopo di restituirvi una reale fine mostrandone, come in una veglia, i corpi. La devastazione messa in atto da Martino Genchi di centinaia di scatole contenenti cataloghi d’arte abbandonati chiude idealmente un cerchio di creazione e distruzione. I libri materialmente nascono dalla distruzione di alberi e in seguito diventano dispositivi per la diffusione di conoscenza. Qui il percorso è sovvertito: la loro distruzione dà luogo all’atto della creazione artistica. Il lavoro svolto negli Atelier da Nina Fiocco e Nicola Turrini è qui sintetizzato da un proverbio da essi ideato: una testo – formula, riutilizzabile in altri luoghi e contesti, che nasce come da un processo fotografico della memoria, dall’osservazione diretta e prolungata di un luogo specifico.