Tanto tempo fa, in un nostro articolo parlavamo della crisi dell’arte contemporanea all’interno del mondo dell’informazione. I mass media infatti sono poco interessati all’arte e quando ne parlano combinano solo immani catastrofi. Partiamo dal presupposto che molti quotidiani non hanno ancora ben compreso la differenza tra arte moderna ed arte contemporanea, da qui si sviluppa una serie più o meno infinita di strafalcioni che di certo non informano il lettore.
In seguito, quando una notizia di arte contemporanea, in special modo l’articolo di una mostra, compare su di un quotidiano nazionale è molto spesso il frutto di uno scambio di favori. Comunque sia, se la stampa si manifesta poco attenta, l’arte e la cultura rappresentano sempre un grande trend per la televisione che negli ultimi tempi ha messo in forno una copiosa varietà di programmi culturali. Durante il primo dopoguerra il palinsesto televisivo era composto perlopiù da programmi educativi o comunque culturali di buona fattura, magari un poco accademici, ma senz’altro ben fatti. Con il passare del tempo l’offerta è scemata, per poi rinascere in questi ultimi anni. Oggi però i programmi dedicati ad arte e cultura hanno subito un sostanziale impoverimento dei contenuti ed anche qui si confonde l’arte moderna con quella contemporanea, si eseguono servizi dedicati a mostre di amici, si infarcisce il tutto con teorie critiche inverosimili. Peggio ancora, questi programmi per attirare un maggior numero di spettatori propongono una varietà di rubriche come moda, gastronomia, motori e costume.
Quindi il “quadro” della situazione è il seguente: si inizia con una bella mostra del nostro caro amico Staccolanana ed i suoi dipinti materici, si prosegue vantando le proprietà taumaturgiche del pecorino Dop, poi via su una bella spider alla ricerca del borgo più bello d’Italia, poi d’improvviso la brusca sterzata sul Bernini. Ecco quindi che il nostro programma televisivo, che solitamente prende il nome di Cultart o ArtcultTv et similia, porta dentro le case degli italiani tonnellate di demagogia da rivendere un tanto al chilo. Ne consegue che invece di rappresentare uno strumento didattico, questi programmi vi faranno credere che Bernini era un costruttore di auto sportive che amava mangiare il pecorino.