E poi vado a ripescare questo mockumentary horror del 2008. Tanto delizioso da chiedermi come mai mi era sfuggito.
Mi informo e trovo che si tratta di un’opera prima, girata dal’attore Christopher Denham. Non trovo molto di lui come attore, una parte nello splendido Shutter Island di Scorsese, una in The Bay di Barry Levinson e poco altro.
La sua regia horror tuttavia indovina quasi tutto, o almeno ha delle vette di genialità.
Come prima cosa i primi momenti della degenerazione sono tagliati, ovvero ripresi con la telecamera fino ad un apice e interrotti. I piccoli malvagi della famiglia si manifestano molto lentamente e inizialmente senza clamore. Si crea un’atmosfera di sconcerto, di tensione, nonostante nulla sia troppo sottolineato.
Ad ogni intuizione e sperimentazione nel male dei ragazzi non vediamo scenate e rimproveri dei genitori: come ovvio e come aderenza alla realtà imporrebbe semplicemente spengono la telecamera per discrezione.
Dunque la tensione sale e si abbassa ad ogni momento di apice: tutto si interrompe e si ricomincia dalla famigliola che registra i momenti festivi o di gioco o cerimoniosi.
Fuori campo però c’è la vita reale supposta: i genitori non possono non aver notato, non stanno riprendendo le reazioni e gli sfoghi, ma non possono non vedere. Dunque il non visto in scena viene ricreato con naturalezza dallo spettatore, supposto, intuito, capito.
Secondo punto: la cassetta va avanti e indietro in alcuni momenti. Cosa vuol dire questo? Che stiamo guardando il momento in cui qualcuno la sta guardando? Tutto il film prepara il suo finale.