13 capitoli brevi, un’apocalisse illustrata ma mai nominata che svela la tragica meraviglia della catastrofe in un lungo fiume di immagini . Questo e molto altro è Apocalisse nel Deserto, documentario-capolavoro del sempre fulgido Werner Herzog, girato tra l’estate del 1991 e l’inverno del 1992 con l’ausilio di una piccola troupe nel Kuwait.
Il pretesto è quello della Guerra nel Golfo, la visione è quella dei pozzi di petrolio in fiamme, dei laghi artificiali di oro nero che rispecchiano ed imitano il cielo, la lotta dell’uomo contro l’elemento naturale. Tutto condito da pochissimi commenti e dalle musiche di Grieg, Mahler, Pärt, Prokof’ev, Schubert e Verdi. Questo piccolo gioiello del regista tedesco è stato proiettato giusto ieri, all’Auditorium Parco Della Musica di Roma, alle ore 21 del 21 febbraio 2012 in una serata animata dalla PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble, Ready Made Ensemble, Orchestra del Conservatorio di Santa Cecilia e da Giulio Giorello, filosofo e matematico di chiara fama. Una data palindroma, quella di ieri, che ben si è associata all’ottima esecuzione de I Presagi, opera ispirata alla distruzione della civiltà dei Maya nonché tra le più intense e visionarie del grande compositore Giacinto Scelsi.
L’antipasto di Scelsi ha poi aperto le danze alle immagini di Herzog, commentate da Giulio Giorello e magistralmente musicate dall’orchestra diretta da Tonino Battista. Inutile ribadire la maestosità delle immagini prodotte da Herzog, i costanti movimenti della macchina da presa allungano i nostri occhi sulle atrocità della guerra, sul disastro ambientale che comunque crea mistiche geometrie visive. Ed è l’uomo malattia e cura del pianeta, artefice di un disastro che solo dall’uomo può essere fermato. Il petrolio infiamma il cielo, si trasforma in allegoria dell’inferno, oppure sgorga fluente dal seno della terra creando nuovi laghi e sostituendosi così alla natura delle cose. Elemento naturale che crea elementi artificiali, prezioso fossile che si posa ove non dovrebbe mai, tingendo di nero esseri umani ed oggetti inanimati.
Herzog ci mostra l’orrore della guerra che rende muti gli innocenti ed in questo ci sembra di intuire una poetica connessione ad uno dei suoi primi documentari Paese del silenzio e dell’oscurità ed ancora, davanti alla macchina da presa scorrono immagini di dense nubi di vapor nero come nelle battute d’apertura dell’altro capolavoro Aguirre. Nel mentre la musica dal vivo e le parole di Giorello ci guidano attraverso un viaggio drammatico e crudele, dove anche la brutalità diviene poesia.
Micol Di Veroli