Io, tu, lui, lei, nelle sale della Fondazione Bevilacqua La Masa (dal 6 marzo al 15 aprile 2012) mette in mostra il racconto di un incontro straordinario: quello tra una decina di gay e lesbiche veneziani nati tra gli anni ’30 e ’40 e sei giovani artisti italiani, che hanno avuto il compito di tradurne in opera i ricordi di ieri, ma anche i desideri, le tenerezze, le difficoltà e i pensieri sul mondo d’oggi. Con questa mostra la Fondazione prosegue la sua ricognizione sull’identità di Venezia e sui suoi aspetti meno prevedibili. In quella che tutti considerano “la città dell’amore”, l’amore si presenta con tutte le sue sfumature e la sua carica di libertà.
Delicate storie personali, realtà e fantasie sono state la materia con cui hanno lavorato Antonio Bigini e Rachele Maistrello, Tomaso De Luca, Sabina Grasso, Andrea Romano e Annatina Caprez. Ne è emerso il ritratto di una Venezia inedita e spesso trascurata, quella vera, che la sua storia di mare e di scambi ha reso capace di accogliere, più di altre città italiane, ogni forma di diversità. Chi la sappia guardare senza fermarsi alla sua cornice turistica, può riconoscerla come uno specchio dei cambiamenti sociali, delle tensioni, dei sentimenti che riguardano la vita di tutti.
A cura di Francesco Ragazzi e Francesco Urbano, Io, tu, lui, lei è un progetto espositivo frutto di un laboratorio artistico sulle memorie e culture queer che da circa un anno è attivo nella città di Venezia grazie all’Osservatorio lgbt (acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender) – Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Venezia e all’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità.
Queer era l’insulto che nel mondo anglosassone riservato agli omosessuali. Si potrebbe tradurre come “strambo” o “storto”, il contrario di “straight” che infatti significa “diritto” e pure “etero”. E’ stato lo stesso movimento gay e lesbico e transgender ad adottarlo e a dargli un valore non solo positivo, ma anche di sperimentazione culturale e politica e di rivolta alla norma eterosessuale.
l laboratorio è culminato con A Special Day, una sorta di seminario ‘residenzale’ dedicato al dialogo intergenerazionale sull’omofobia, l’isolamento e l’esclusione sociale, ma anche sulla vita, i sentimenti, la libertà, tra il gruppo di giovani artisti e le donne e gli uomini nati negli anni ’30 e ’40. Occasione per riflettere, stare assieme, partecipare a workshop con film, visioni, immagini sulle culture queer. La mostra ha origine da questi “giorni particolari”: i sei giovani artisti italiani propongono a Palazzetto Tito le loro opere ispirate dai ricordi, le parole, le emozioni e i desideri emersi.
In mostra, video, foto, installazioni vj-set e performance in uno spazio espositivo diviso in quattro ambienti. La sala centrale di Palazzetto Tito diventerà un cinema vecchio stile: al suo interno, sarà organizzata una programmazione di film e video che traccerà una nuova interpretazione dell’estetica queer. Tra le proiezioni in programma, Goodbye Dragon Inn di Tsai Ming Liang e Ruassamee Rungjang, videoinstallazione di Arin Rungjang – entrambi selezionati con la gentile collaborazione di Pier Luigi Tazzi. Poi ancora Zéro de conduite di Jean Vigo, Senso di Luchino Visconti e Je, tu, il, elle, lungometraggio di Chantal Akerman, manifesto del cinema sperimentale e della ricerca sull’identità, che dà il titolo all’esposizione.
Le stanze adiacenti ospiteranno le opere dei giovani artisti, prodotte a partire dal laboratorio artistico sulle memorie e culture queer. Sempre seguendo la suggestione cinematografica, nel foyer della BLM saranno esposte sei affiche di film realmente esistenti, ma rivisitate da altrettanti giovani artisti italiani: Antonio Barletta, Dafne Boggeri, Chiara Fumai, Margherita Morgantin, Daniele Pezzi, Claudia Rossini, i quali – da angolazioni e percorsi artistici differenti – hanno lavorato su una rilettura critica del concetto di identità.
Chiuderà la mostra un piccolo archivio di oggetti e memorabilia scelti in stretta collaborazione con il gruppo degli otto veneziani. Tra i documenti esposti alcuni rari numeri di FUORI! e altre riviste lgbt nazionali e internazionali degli anni ’70, fino alle copertine di Panorama e l’Espresso che hanno segnato un cambiamento epocale nella percezione dell’omosessualità in Italia. Questo archivio restituirà ai visitatori la memoria di una Venezia sconosciuta e movimentata.
La mostra sarà corredata da un catalogo con i contributi di alcuni dei partecipanti a A special Day: i curatori Pier Luigi Tazzi, Filipa Ramos e Camilla Seibezzi, l’artista Chiara Fumai, il sociologo Luca Trappolin. Il catalogo è edito in collaborazione con Fondazione March e Signaletic srl. Tra i partner l’Istituto Svizzero di Roma per il sostegno alla produzione e la Facoltà di Arti e Design dell’Università Iuav di Venezia come parte attiva delle fasi laboratoriali.
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