Finalmente anche dalle nostre parti è arrivata la grande mostra Postmodernismo. Stile e Sovversione 1970-1990, panoramica sulle sperimentazioni postmoderne già apparsa con grande successo di pubblico e critica al Victoria and Albert Museum di Londra. Stavolta il grande evento fa tappa al Mart di Rovereto dove dal 25 febbraio al 2 giugno avremo l’opportunità di ammirare seminali opere di Cindy Sherman, Jeff Koons, David Byrne, Derek Barman, Laurie Anderson e tanti tantissimi altri protagonisti dell’arte, del design e della musica.
Dando una sbirciata al sito del Mart, è possibile leggere queste parole che accompagnano il grande evento: “Citazionismo, libertà, poetica del frammento, esagerazione, consumismo. Cos’è stato il Postmodernismo? Lo racconta questa mostra ricchissima di spunti visivi e multimediali, in arrivo dal Victoria & Albert di Londra”. Quindi, il Postmodernismo è finito e noi possiamo tracciarne una storia articolata che termina negli anni ’90. Facile più a dirsi che a farsi visto che non è ancora possibile parlare di Postmodernismo al passato e la (meravigliosa) mostra che vedrete non farà altro che confermare questa ipotesi. Se prima ad andar di moda erano gli anni ’ 70, ecco che le nuove leve creative hanno afferrato a piene mani gli anni ’90 e con essi anche le estetiche postmoderniste.
“Il postmodernismo è solo ciarpame o un movimento glorioso?” questo è quello che ha dichiarato Jane Pavitt, uno dei curatori dell’evento, ma parlare di movimento, quando si parla di postmodernismo non è del tutto esatto. Difficile tracciare la storia di un movimento che in realtà non esiste ma che riassume una serie di estetiche e comportamenti, ravvisati da da Francois Lyotard all’interno del suo ormai celebre saggio La condizione post-moderna, scritto nel 1979. Ed allora com’è fatto questo postmodernismo? E’ finito o è appena iniziato? E’ bello o è brutto? Questi estemporanei quesiti appaiono anch’essi postmoderni e forse anche il vostro vecchio tostapane lo è. Sei postmoderno se mischi il vecchio con il nuovo, ed allora tra il post-punk e il post-prog saremo sempre post-qualcosa.
Micol Di Veroli