Le destabilizzanti creazioni di Mark Jenkins

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All’angolo di una strada secondaria, a Tor Pignattara, un cassonetto è stato guarnito con un’enorme meringa con ciliegina annessa. Un bizzarro accostamento, tipico del passaggio di un noto urban artist che recentemente ha invaso Roma. Infatti, nell’adiacente via Gabrio Serbelloni centinaia di persone sono in fila davanti alla Wunderkammern dove, il 17 marzo, si è inaugurata la prima personale capitolina di Mark Jenkins (1970 – vive e lavora a Washington DC) con Living Layers, un progetto pluriennale in collaborazione con il MACRO ideato per produrre scambio reciproco tra il patrimonio territoriale e quello culturale.

Artista americano di fama internazionale, Mark Jenkins è conosciuto per le sue strabilianti e geniali installazioni pensate per essere collocate all’interno del tessuto urbano. L’interazione tra le sue sculture, l’ambiente cittadino ed i passanti è fondamentale per la riuscita dei suoi interventi, concepiti con l’intento di suscitare sconcerto e confusione negli inconsapevoli osservatori, diventando essi stessi parte integrante della sua opera poiché un’apposita videocamera cattura le loro reazioni dando vita a impensabili performances.

Dal 2003 le sue creature hanno iniziato a popolare le strade di Washington con la serie Stocker Project (neonati abbandonati negli angoli delle strade) per passare a Embed (manichini perfettamente abbigliati ed interpreti di insolite circostanze). I suoi lavori sono stati ospitati in varie città mondiali: dagli Stati Uniti, al Brasile, dall’Europa al Giappone. Nel 2008 ha collaborato con Greenpeace e nel 2010 ha curato a Bordeaux il festival ‘Les Grandes Traversees’.

Varcando la soglia della sede espositiva lo spettatore entra in una dimensione surreale, dove rimane affascinato dagli inquietanti e iper-realistici fantocci. Un video, proiettato nell’accogliente e affollato cortile interno, mostra le foto delle sue intromissioni romane documentando anche il suo modus operandi. I suoi assistenti sono i modelli scelti per realizzare i celebri personaggi: il loro corpo, o parte di esso, è prima avvolto in una pellicola e poi ricoperto di scotch. Nascono così calchi opportunamente vestiti, tuttavia svuotati della corporeità umana che li ha generati. La Wunderkammern si trasforma in un piccolo teatro del quotidiano dove tutto è possibile: dall’oscuro individuo incappucciato sospeso su un parallelepipedo, alla ragazza seduta in un angolo, alle bamboline trasparenti ingabbiate o lasciate libere di galleggiare nell’atmosfera calda umida del grottino sotterraneo dove, in angolo buio, due amanti si scambiano baci segreti, nascosti dietro un panno scuro. L’umorismo delle sue rappresentazioni diverte adulti e bambini: esemplare è la scena del cagnolino di peluche che abbaia ad un fuggitivo scalzo che scappa da un’apertura del soffitto.

Nella sala posta a livello della strada la provocatoria citazione cattelaniana della mano con l’indice medio alzato, accompagnato da una sedia, invita il pubblico, tra cui anche il giornalista RAI Attilio Romita, a sedersi ed immedesimarsi nel gesto. Di forte impatto è anche l’incursione di gambe o braccia che oltrepassano il piano della tela e/o parete introducendosi, senza alcun preavviso, nella tridimensionalità della stanza.

L’attenzione di Mark nei confronti del contesto sociale in cui opera lo conduce a confrontarsi con quello ambientale ovvero con la costante presenza dei rifiuti, protagonisti dell’installazione collocata nel giardino. Qui, ricrea un paesaggio assimilabile ad una discarica popolato da due trash-man con il viso e il busto occultato da un ammasso di bottiglie di plastica usate, visione e metafora futuristica della nostra amata metropoli in perenne lotta con tale emergenza. Con ironia Jenkins ci fa riflettere suoi nostri problemi ordinari elaborando, con pochi e semplici mezzi, un arte inconsueta e innovativa capace di sviluppare nel fruitore una consapevolezza nei confronti delle pratiche artistiche contemporanee e della loro capacità di reinterpretare il mondo e la realtà attuale. Oltretutto, occorre riconoscergli una certa maestria nel saper catturare l’attenzione di chiunque: dai lavoratori del settore alla casalinga, dai nonni agli adolescenti.

 

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