Gli anni d’oro del design italiano rappresentano ormai un dolce ricordo che ci ha reso il nostro paese celebre in tutto il mondo. Già, quando il resto del mondo pensa al design italiano ecco che spuntano raffigurazioni della mitica Lambretta Innocenti disegnata da Cesare Pallavicino e Pierluigi Torre, oppure dell’ancor più celebre Vespa farobasso di Corradino D’ascanio.
Il nostro paese, tra gli anni ’60 e ’70, ha però rappresentato un fulgido esempio di “bel design” sfornando veri e propri capolavori come la Olivetti Lettera 22 di Marcello Zizzoli, la lampada Traccia di Achille Castiglioni, senza contare i mitici prodotti della Brionvega, creati con l’ausilio di designer di fama mondiale come Mario Bellini, Marco Zanuso, i fratelli Castiglioni, Ettore Sottsass e Rodolfo Bonetto, o le altre meraviglie di Joe Colombo e Bruno Munari. Insomma la nostra storia del design è piena di successi ma oggi stentiamo a confermare ciò che è nostro di diritto. Questo perché le aziende di un tempo non esistono più e quelle di oggigiorno non hanno più voglia di rischiare, di sperimentare e dare la parola ai giovani designer che avrebbero le carte in regola per risollevare il tutto. L’imperativo è vendere ad ogni costo, anche se questo nella maggior parte dei casi, significa immettere all’interno del mercato dei prodotti anonimi, senza un minimo gusto per le forme.
Del resto la carenza di idee si era già palesata con le scelte di design operate negli ultimi cinque anni dalle grandi aziende italiane. La nuova 500 della Fiat, salutata da tutti come una trovata geniale, non è altro che una rielaborazione delle forme di quella storica utilitaria disegnata da Dante Giacosa. Ma la lista sarebbe ancora lunga, visto che la rediviva Brionvega ha rispolverato i suoi cavalli di battaglia come la radio “cubo”. Di questo passo qualcuno remixerà la Lettera 22, riadattandola a tastiera per il PC. Idee più fresche di queste ci sarebbero pure, ma chi ha il coraggio di lanciarle sul mercato?