60 milioni di allenatori, tutti quanti ultra competenti, che sono soliti parlar di sport dalle loro comodissime poltrone casalinghe. Questo, in sostanza, è il ritratto di noi italiani, popolo di santi, poeti e navigatori ma soprattutto di saccenti pigroni, pronti a sputar sentenze su chi invece ha il difetto di tentare un movimento all’interno dell’immobilità generale.
Per quanto riguarda il nostro dorato mondo dell’arte contemporanea, le cose non cambiano poi tanto, siam sempre 60 milioni di curatori, direttori, critici e giornalisti. Se si assiste al triste decadimento di una struttura museale pubblica, si è subito pronti a chiamare in causa l’incapacità dei direttori e l’insipienza dei curatori, sbandierando ai quattro venti una varietà di soluzioni che avrebbero definitivamente salvato quella povera struttura. Se si presenzia ad una mostra in galleria, si è sempre pronti a sputar sentenze negative su quanto si è visto: “l’allestimento non mi è piaciuto”, “le opere non erano entusiasmanti”, “quell’artista non è poi un granchè”, “il testo critico mi è sembrato inconcludente”. Questi sono i commenti dei nostri amati 60 milioni di professionisti, sempre pronti a trovare la soluzione alternativa che avrebbe salvato la mostra in questione. E che dire del festival organizzato male, della Biennale noiosa, della recensione totalmente sballata, delle logiche di mercato totalmente inconcludenti e del sistema che sbaglia puntualmente a sostenere gli artisti nazionali. C’è sempre qualcosa che non va nel nostro artesistema, qualcosa che non viene fatto al meglio e che potrebbe essere brillantemente portato a termine da ogni singolo esponente della nostra cara massa dei 60 milioni di curatori, critici etc. etc.
Ebbene questi signori dovrebbero comprendere la differenza tra chi ha deciso di “fare” e chi ha scelto di “non fare”. Organizzare una mostra, dirigere una Biennale e quanto altro, sono attività che comportano un rischio ed un’esposizione in “prima persona”. Purtroppo non tutti sono dotati di coraggio e possibilità per imbarcarsi in imprese del genere, in seconda battuta c’è sempre una buona dose di sana invidia che scatena le critiche immotivate. Insomma, se una buona volta i 60 milioni di detrattori si sforzassero di crear qualcosa e metterci la faccia, non sarebbe poi tanto male.
Prudence 24 Marzo 2017 il 18:32
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