Il fotografo Gérard Rancinan e l’autrice Caroline Gaudriault sono acuti osservatori di un mondo in continuo cambiamento. L’opera di Rancinan è unica nel suo genere. Prima arriva lo spettatore è sorpreso dall’impatto fotografico, poi dall’opera scaturisce la forza delle idee sulle quali le immagini sono costruite. Il lavoro di Gérard Rancinan e Caroline Gaudriault è innegabilmente legato al mondo dell’arte contemporanea e combina un approccio purista alla fotografia a un’alta sensibilità letteraria. La mostra Trilogia dei Moderni (dal 3/5/2012 al 27/5/2012) può essere riassunta così: sette anni di lavoro, 3 parti di una trilogia, 70 fotografie, 300 modelli, 3 libri, una grande mostra che sarà presentata in tutto il mondo.
La Trilogia dei Moderni è un’opera divisa in tre parti, la prima intitolata Metamorphoses è stata presentata al Palais de Tokyo a Parigi nel 2009, e la seconda Hypotheses alla Chapelle Saint-Saveur nel 2011. La terza e ultima parte, dal titolo Wonderful World che completa la trilogia, sarà presentata in anteprima assoluta alla Triennale di Milano dal 4 al 27 maggio 2012.
Dopo il lancio milanese, sarà presentata in numerose istituzioni museali in tutto il mondo.
Bruno Morello
Triennale Design Museum presenta Lettere con carattere: senza con/ senso. Da Kensington Garden London un progetto di ricerca di Bruno Morello, a cura di Mario Piazza, costituito da 118 opere grafiche, che trattano in maniera originale il tema del riuso e del riciclo, sviluppano una riflessione sull’essenza del linguaggio come “gioco comunicativo” e aiutano a guardare con occhi nuovi la realtà quotidiana che ci circonda. Le “lettere morte” recuperate da Bruno Morello sono lettere dimenticate e usurate dal tempo, che, in origine costruivano e comunicavano un messaggio di carattere sociale o commerciale (come per esempio vecchie insegne o cartelli con scritte adesive).
Grazie all’intervento del graphic designer queste “lettere morte” vengono sottratte al processo di decadimento, riprendono vita e veicolano nuovi messaggi. Bruno Morello inizia a “catturare lettere” nel 2008, quando a New York acquista una macchina fotografica super compatta. Da quel giorno, nei suoi viaggi inizia a fotografare qualsiasi tipo di lettera e numero che incontra, capaci di attrarlo e suscitare in lui un’emozione visiva. La serie di opere in mostra deriva dalla rielaborazione di quattro fotografie scattate dall’autore casualmente e istintivamente sul ponte di Kensington Gardens a Londra nel novembre 2010.
Dalle quattro fotografie Morello ha ricavato 12 lettere con le quali ha costruito 100 parole. Con le 100 parole ha costruito delle frasi “senza con/ senso”, che affrontano temi legati al nostro tempo, passato presente futuro. La font fotografata e con la quale sono costruite le parole è l’Helvetica. Afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum. “Variamente combinate, queste lettere malate e invecchiate, questi moncherini di parole, queste frattaglie alfabetiche tornano a fare il lavoro che sempre devono fare le lettere e le parole: quello di produrre senso (ovviamente, senza con/senso). Quello di essere veicoli di significati. Ciò che il tempo o il caso hanno scomposto e diviso, viene ricomposto e riaggregato dal gesto di Bruno Morello: che si offre, in tal modo, quasi come un paradigma di ogni gesto che ambisca – in un modo o nell’altro – a essere ‘arte’”.
Scrive Mario Piazza: “Morello attraversando un uggioso parco londinese vede delle lettere caduche come foglie autunnali. Stanno per decomporsi. Sbiadire fra umidità fumose. Svanire per sempre e lasciare il posto ad altri segni, altre tracce alfabetiche delle necessità comunicative. Quello che non viene visto dallo stanco passante, dal turista frettoloso e dal cittadino annoiato viene invece registrato dall’occhio grafico di Morello. Non è una fine allora la scivolante lettera, bagnata e deformata. È una genesi. Questa nuova vita ricorda certe bellissime pagine della rivista Typographica di Herbert Spencer, pubblicata a Londra in due serie di sedici numeri ciascuna tra il 1949 e il 1967. In essa un nero calcografico faceva splendere come un radioso sole i fantasiosi tombini in ghisa che trovavi nelle strade. O la materialità e la nuova figurazione che venivano ad assumere le lettere delle insegne o i segni del traffico nella città. Morello sembra voler proseguire queste sperimentazioni e chirurgicamente fotografa il reperto e con impeto cesellatorio fa emergere il “corpo molle” delle lettere. Ora allineate, esse danzano. Le imperfezioni del tempo ora interpretano flessuose coreografie. Il nero fotografico (e potremmo dire anche tipografico) panneggia questi movimenti sottratti al declino. Prendono consapevolezza, flettono e s’innalzano, s’inchinano e s’arricciano. Come in una sorta di lapdance si aprono ad un inedito spettacolo. Desiderano continuare a mandare messaggi, grazie all’occhio e alle mani di Morello”.