L’arte contemporanea è sempre di gran moda ed è comunque terreno fertile per sperimentazioni estetiche e filosofiche di ogni tipo. Ultimamente però, per quanto concerne l’approccio didattico all’arte contemporanea le cose si sono fatte un tantino caotiche. Diciamo che si è persa la mezza misura, quella chiave di lettura accessibile ma non per questo semplice che garantiva una corretta esegesi della manifestazione creativa, senza per questo avvilire né l’opera né tanto meno il fruitore.
Ecco quindi che oggigiorno l’arte contemporanea è divenuta incomprensibile e pretestuosa o semplicemente futile e banale. La storia dell’arte dei giorni nostri è la storia delle grandi manifestazioni ma molte di esse sono dei veri e propri deliri curatoriali che hanno in qualche modo dimenticato l’esistenza delle opere. Utopia Station, il progetto per la Biennale di Venezia del 2003 a cura di Molly Nesbit, Hans-Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija ha aperto la strada alle imprese curatoriali smaccatamente ciclopiche, buone solo per tirar quattro colpi ad effetto. Utopia è il primo vero esempio di ermetismo concettuale fine a se stesso, una linea filosofica non pertinente alle forme creative in mostra, con il risultato di far apparire tutto slegato e disomogeneo. Anche la presente Berlin Biennale ha ricevuto non poche critiche negative per il suo noioso appeal curatoriale, totalmente avulso dalle opere in mostra. Per contro, vi è un filone didattico pecoreccio e facilone che tende invece a semplificare drammaticamente la faccenda, trasformando ogni questione artistica in una burla colossale.
Ecco quindi spuntar a destra e mancina una miriade testi “sacri” con titoli improbabili : “Cucinare ad arte”, “Turisti d’arte”, “Fai da te dell’arte contemporanea”, “Diventa critico e curatore in 10 mosse”, “Spiegare l’arte ai gatti che pitturano” e altri sproloqui del genere. La proliferazione di tali trattati propedeutici è direttamente proporzionale alla massiva codificazione degli eventi d’arte contemporanea cool e sofisticati ed alla stampa multipla di riviste del settore con nomi impronunciabili e rigorosamente in lingua inglese. Se la Tv ha Vespa con il suo Porta a Porta, a noi tocca Cucinare con l’arte contemporanea.