The Gallery Apart è orgogliosa di presentare Equazione Uno, l’ultimo complesso progetto di Alice Schivardi, alla sua prima personale romana (dal 10 maggio al 10 luglio 2012). Equazione Uno nasce da un percorso di incontri e da un processo di fiducia e di affidamento che ha convinto sei persone diverse, per età, sesso e storia individuale, ad aprire porte rimaste a lungo chiuse, per raccontare e donare all’artista sei storie di vita vera, incise su nastro magnetico.
Storie drammatiche ma anonime, che non intendono provocare il pubblico, quanto piuttosto sensibilizzarlo su un piano d’ascolto multiplo. Quest’operazione artistica consente di raccogliere ciascuna singola storia oppure di viverle tutte insieme come un’esperienza uditiva e sensoriale complessiva, composta da parole che si sovrappongono a suoni che le accompagnano. L’installazione audio che invade lo spazio della galleria è composta da sei altoparlanti connessi ad altrettanti fonti emesse da un computer. Ciascun altoparlante diffonde una storia (ognuna con la sua specifica voce narrante) e un suono (diverso dagli altri). Il visitatore entra in un ambiente anonimo, caratterizzato dall’incombere di un brusio diffuso, un melange di suoni e parole che si traduce in un’esperienza uditiva rilassante, una sorta di concerto dalla monotonia rasserenante.
I sei racconti, unendosi e suonando insieme, intessono una relazione fra parola e suono. Avvicinandosi però a ciascun altoparlante, il visitatore potrà distinguere le parole che ne emergono ed ascoltare le storie e i suoni. Si tratta di sei differenti suoni sinusoidali, sei suoni puri che hanno la caratteristica di dare vita e forma a suoni perfetti, creando un’illusione acustica che diviene eco prima ancora che voce del proprio sé. Così come in fisica le modalità di propagazione delle onde sonore si esprimono attraverso equazioni, Schivardi conia l’espressione Equazione Uno per riferirla all’insieme di vibrazioni sonore composte dal connubio tra voci narranti e suoni puri.
Schivardi ha immaginato l’installazione come strumento di reificazione di un “miracolo”, privo di connotazioni religiose ma riportato alla dimensione di evento straordinario ma non impossibile. Il completo affidamento e la totale apertura da parte di persone sconosciute e il tentativo di trasformare la drammaticità della vita reale in un’esperienza individuale toccante ma non patetica, caldamente intima ma anche algidamente parascientifica rappresentano elementi di un miracolo che si concretizza nel rendere l’arte un laboratorio sociale, uno strumento di interazione.
La dimensione narrata del progetto ha spinto l’artista anche a rapportarsi e a coinvolgere un cantastorie, uno degli ultimi ancora attivi, una figura che della narrazione orale non filtrata da alcun medium fa la sua ragion d’essere e che, proprio per questo, ha finito per diventare desueta. Ma non sono le sei storie private, sussurrate, anonime ad essere “cantate”; il cantastorie chiamerà a raccolta il pubblico per raccontare, prima dell’incontro con l’opera, il “miracolo” tentato da Schivardi, le sue speranze, i suoi obiettivi.
Infine, a sottolineare la potenza espressiva della dimensione intima, la possibilità che una comunicazione forte, quasi da leggenda, possa anche partire da una pratica fra le più personali che si possono immaginare, Schivardi ha realizzato un’opera grandiosa, un lunghissimo ed unico rotolo di carta acetata in cui ha raccolto e immortalato con disegni e ricami le immagini fissate nel corso dell’esperienza di interazione con le sei persone coinvolte nel progetto e le suggestioni derivanti dai loro racconti. Una sorta di Arazzo di Bayeux che non racconta però guerre e conquiste bensì i sommovimenti delicati dell’anima.
Suoni, testi scritti, parlati o recitati, interlocuzione e interrelazione con singoli o gruppi di individui, performances interpretate o dirette, disegno, ricamo, video e fotografia. E’ questo lo strumentario che Alice Schivardi adotta per realizzare i suoi lavori sempre caratterizzati dalla consapevolezza che accarezzare l’intimità, propria e altrui, può rivelarsi strumento dolce ma efficace, profondissimo per interrogare, interpretare, decodificare la realtà alla ricerca di segnali, testimonianze e messaggi di forte impatto etico, politico e sociale.