Facciamo finta che il Padiglione Italia di Vittorione Nazionale© alla scorsa Biennale di Venezia sia equiparabile al disastroso governo Berlusconi, il prossimo curatore del padiglione dovrebbe quindi essere messo in relazione con il governo Monti. Il Mibac dell’era Berlusconi non era certo un belvedere ma questo tecnicissimo Ornaghi sembra sia destinato a far molto peggio.
Già, il nostro caro vecchio Ministero per i Beni e le Attività Culturali invece di amministrare e far proliferare la nostra cultura sembra ne sia divenuto il refugium peccatorum. Eppure questo è il governo dei tecnici, di quelli che dovrebbero risolvere i problemi con il cacciavite, quando appare evidente che si stanno adoperando per distruggere tutto con mazzetta e scalpello. Ecco quindi che spunta il pasticciaccio del MAXXI, ormai divenuto lo zimbello internazionale del momento. Che dire invece del Padiglione Italia alla XIII Biennale d’Architettura di Venezia, affidato in calcio d’angolo a Luca Zevi. “Il Ministro, Prof. Lorenzo Ornaghi, esprimendo vivo compiacimento per l’alta qualità della maggior parte delle proposte progettuali, si è dichiarato assai soddisfatto della scelta e convinto che Luca Zevi rappresenterà in modo innovativo e significativo il tema dell’architettura italiana contemporanea in rapporto allo sviluppo, alla sostenibilità ambientale e al rispetto del territorio” questa la dichiarazione ufficiale dopo la nomina, anche se non si capisce di quali proposte progettuali si stia parlando né di come farà il povero Zevi ad organizzare un padiglione in poco più di 3 mesi.
Nel frattempo bisognerebbe pensare alla Biennale delle arti visive e mentre il buon Massimiliano Gioni con una mossa assai bizzarra è stato nominato Curatore della Biennale, bisognerebbe capire quale sarà il successore di Vittorio Sgarbi. Un curatore dovrebbe avere del tempo a disposizione per poter organizzare al meglio il suo lavoro ma di questo all’indaffarato Mibac sembra non importare un fico secco. Probabilmente il governo cadrà prima della nomina e tutto finirà a tarallucci e vino. In quest’ottica contemporanea il futuro è divenuto utile solo per rimandare le cose e farle fare a qualcun altro che verrà dopo di noi. Nel frattempo tutto si decompone.