Scena dell’arte contemporanea, sistema dell’arte. Chissà quante volte avrete sentito usare queste terminologie all’interno dei discorsi fra addetti ai lavori o magari all’interno degli articoli presenti sui magazine d’arte. Per sistema dell’arte generalmente si intende un vero e proprio indotto costituito da artisti, gallerie, musei, collezionisti, addetti del settore, case d’asta, fiere, fondazioni ed altre realtà legate alle arti visive che contribuiscono al mercato, allo sviluppo ed alla promozione delle stesse.
Per definirlo come tale, un sistema dovrebbe essere strettamente interconnesso, un grande insieme i cui sottoinsieme dialogano incessantemente fra loro, contribuendo al corretto funzionamento dell’intero organismo. Questo succede in altri pianeti, visto che questa connessione reciproca dalle nostre parti è pura fiction. In Italia parlare di sistema dell’arte equivale a scrivere un copione per Zelig, solitamente la tendenza è quella del “io mi faccio gli affari miei” e nessuno si cura di sostenere altre realtà o collaborare con esse. Ecco quindi che alcuni curatori promuovono gruppi di artisti che non vengono poi promossi da altri, le gallerie si fanno guerra fra loro, i musei si ignorano, le manifestazioni di mercato si sovrappongono senza coordinarsi. Si creano continuamente gruppetti e sotto-gruppetti il cui obbiettivo è solamente quello di scalzare i diretti avversari.
Su tutto incombe lo spettro del potere politico che decide sui grandi eventi e sugli spazi istituzionali con il solito balletto di poltrone. Purtroppo le forze politiche cambiano talmente spesso che ogni museo regionale, statale o comunale che sia, non riesce a mettere in piedi un programma che si rispetti. La mancanza di coesione è deprimente, snobista ed in certi casi razzista: spesso il nord non considera quello che avviene nel sud e per molti addetti del settore le realtà presenti nelle regioni del meridione nemmeno esistono. Queste cose succedono in minor parte anche all’estero ma li sono un pochino più furbi, riescono a coordinarsi, a formare organismi che promuovono gruppi di giovani artisti anche al di fuori dei propri confini, a non farsi la guerra in casa. Nell’ultimo ventennio, escludendo i sempreverdi americani, i britannici hanno avuto la loro YBA, i tedeschi la loro Nuova Scuola di Lipsia, i cinesi il loro boom pittorico e gli israeliani il loro boom delle nuove leve creative. Noi siamo riusciti a costruire solamente invidie e risentimenti.
Micol Di Veroli