Mentre la crisi economica imperversa in lungo ed in largo, i momenti di tensione si moltiplicano ed anche il nostro amato mondo dell’arte contemporanea comincia a mostrare i segni di una stanchezza oramai cronica che avrebbe bisogno di un bel ricostituente. Da ormai più di un mese, sempre stando all’orologio presente nell’homepage di Exibart, AMACI ha chiesto inutilmente di incontrare Mario Monti, mentre la Consulta dell’Arte di Roma ha chiesto l’incontro pubblico con il ministro Lorenzo Ornaghi da circa 36 giorni.
Il governo non sembra poi tanto interessato a comprendere il senso delle rivolte che imperversano nel nostro settore culturale ma forse il problema non è solo questo. Noi facciamo parte di uno stato assistenzialista e siamo per forza di cose portati a pensare che le istituzioni debbano metterci una pezza ogniqualvolta i meccanismi si inceppano o funzionano male. Beh, il meccanismo della nostra cultura è inceppato da tempo, la colpa non è del governo tecnico che non si prende le sue belle responsabilità, non è nemmeno colpa del governo Berlusconi. Le radici di questo scempio sono da ricercarsi altrove, in una sconsiderata gestione del nostro panorama culturale che ha privilegiato i valzer di poltrone all’interesse pubblico.
Ma le quotazioni dell’arte contemporanea non sono in ribasso solamente per quanto riguarda gli spazi pubblici. Fatevi un giro per le gallerie d’arte della vostra città e guardate se riuscite a trovare un’offerta culturale degna di questo nome. Sarà molto difficile poiché in questi ultimi anni molti spazi hanno chiuso ed altri si sono di gran lunga ridimensionati. Si sperimenta sempre di meno ed in genere ci si affida a scelte già battute da altri o rimpastare i nomi già presenti in scuderia. Peccato che tutto sia diventato un monologo prettamente locale che non viene ripetuto in altre regioni del nostro martoriato stivale dell’arte. Figuriamoci poi se l’obiettivo è quello di esportare i nostri artisti all’estero.