Come ben saprete, il sistema dell’arte contemporanea è costituito da una serie di attori più o meno importanti. Gli artisti ovviamente ricoprono un ruolo fondamentale all’interno di questo sistema, visto che senza di loro l’arte esso non avrebbe ragione di esistere. Eppure i poveri artisti sono sempre più schiacciati all’interno di meccanismi infernali che spesso e volentieri li retrocedono e comprimari di una competizione senza tregua.
Già, i curatori stilano i loro lungimiranti progetti che puntualmente non tengono conto delle opere in mostra, le fiere e le altre grandi manifestazioni di mercato sono orientate ad ingraziarsi le gallerie, le Biennali sparse per il mondo mirano a riunire un sempre più crescente numero di nomi possibili per attirare il pubblico, anche i testi sull’arte contemporanea sono divenuti una sorta di libercoli satirici che nulla hanno a che vedere con uno studio scientifico della materia. Ma il bello è che persino il pubblico sembra aver perso di vista gli artisti e le loro opere. Alle mostre infatti è in voga l’abitudine di osservare fugacemente le opere per poi planare verso il buffet (sempre più striminzito a causa della crisi) e precipitarsi all’esterno a chiacchierare del più e del meno. Insomma per quanto riguarda le mostre in genere, appare chiaro che queste ultime si siano trasformate in happening validi solamente a tener ben salde le proprie public relations.
Le opere sono solo complementi d’arredo, ornamenti messi a bella posta tanto per far finta di rimirar qualcosa, quando appare chiaro che si potrebbe proiettare un film di Charlie Chaplin ed il risultato sarebbe più o meno lo stesso. Per spezzare questo comportamento sin troppo simile a quello anticipato da Guy Debord ne La Società dello Spettacolo dovremmo fare un passo indietro e tornare alla fruizione dell’arte nel senso più puro e semplice del termine. Ammirare un’opera dovrebbe essere un’emozione ed il lavoro di un artista dovrebbe essere sempre tenuto in grande considerazione.