La Russia ha qualche problemino con la libertà di espressione in realazione all’arte contemporanea. Non si tratta di fare di tutta l’erba un fascio ma di prendere in considerazione la dura realtà e nulla più. Come ben ricorderete, in questi ultimi mesi il gruppo artistico Voina è stato oggetto di tremende censure e di persecuzioni giudiziarie. Leonid Nikolaev e Oleg Vorotnikov sono rimasti in prigione sino a poco tempo fa, con l’accusa di aver provocato una sommossa. Anche Natalia Sokol, altro membro del gruppo, è stata più volte raggiunta da mandati di cattura e lo scorso dicembre l’artista è stata dichiarata ricercata internazionale per violenza ai danni di un pubblico ufficiale.
Natalia Sokol, in avanzato stato di gravidanza, si è quindi veduta costretta a fuggire ed Alexei Pluster-Sarno (altro membro dei voina) ha dichiarato alla stampa quanto segue: “Il fatto che la madre di Kasper, di due anni e mezzo, Natalia Sokol, che aspetta un bambino, diventi l’obiettivo dei corrotti poliziotti russi mostra l’incredibile cinismo di investigatori, giudici e di tutto il sistema giudiziario in Russia. Natalia è un’artista conosciuta in tutto il mondo. La sua unica colpa è di essere autrice di brillanti azioni artistiche di protesta.”Oggi la dura scure della censura è tornata a colpire. A farne le spese il gruppo artistico al femminile delle Pussy Riot. Le battagliere artiste avevano organizzato una performance davanti la sede della chiesa ortodossa del Patriarca di Mosca Cirillo I. l’azione in questione consisteva in una Punk Prayer, una preghiera Punk per salvare la russia dalle spire di Putin.
Purtroppo Cirillo I non ha gradito e le forze dell’ordine hanno prontamente arrestato Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alyokhina ed in seguito anche Yekaterina Samutsevich, terzo componente del gruppo. Le tre donne rischiano fino a 7 anni di reclusione, tutto questo per aver bonariamente espresso il loro dissenso ad un regime che dura da ormai fin troppo tempo. Fino a quando nel mondo accadranno questi soprusi, noi di Globartmag saremo qui per denunciarli.