WIlfred Prieto e Ilya & Emilia Kabakov all’HangarBicocca di Milano

di Redazione Commenta

Dal 22 giugno al 2 settembre 2012 HangarBicocca presenta “Equilibrando la curva”, una mostra dell’artista cubano Wilfredo Prieto, che vive e lavora tra l’Avana e New York. Costituita da opere e installazioni di sorprendente immediatezza visiva, di cui la maggior parte realizzate appositamente per gli spazi di HangarBicocca, questa importante personale, a cura di Andrea Lissoni, mette in scena un universo spiazzante e visionario che invita a leggere la società contemporanea e i suoi macro temi: l’economia, la politica, l’ambiente.

All’apparenza ironiche e giocose, le opere di Prieto analizzano con occhio critico le problematiche e le contraddizioni sociali ed economiche del mondo di oggi, interrogano lo spazio pubblico e i suoi limiti, mettono in crisi convenzioni e stereotipi. Utilizzando oggetti, icone e materiali di uso comune della società globalizzata, l’artista realizza grandi ready-made, ambienti e performance che trasformano piccoli dettagli in imprevisti slittamenti di senso, prodotti di scarso valore in statement politici, modifiche di funzione in immagini perturbanti.

E sono proprio gli oggetti quotidiani – un autobus, un carillon, un tubo da giardino – sempre ripensati e decontestualizzati, i protagonisti di Equilibrando la curva, la più ampia mostra mai realizzata dall’artista fino ad oggi. Negli ampi spazi di HangarBicocca Prieto crea installazioni, ambienti, meccanismi in movimento che destabilizzano ogni aspettativa possibile del pubblico, innescando una reazione a catena di sensazioni stranianti che sottolinea gli elementi di instabilità e imprevedibilità insiti nella realtà che ci circonda.

Per il suo lavoro Wilfredo Prieto utilizza materiali inconsueti prelevati dalla quotidianità e distorti: tra i suoi più celebri interventi le bandiere nazionali private dei loro colori originari (Apolitical, 2001), il red carpet che nasconde polvere e sporcizia (Untitled (Red Carpet), 2007), la banconota da un dollaro moltiplicata con un rimando di specchi (One Million Dollars, 2002), la montagna di diamanti di cui solo uno autentico (One, 2008).  La maggior parte delle opere che costituiscono la mostra sono state prodotte in loco attraverso la stretta collaborazione tra l’artista e lo staff di HangarBicocca, confermando la vocazione produttiva e di ricerca di questo centro per l’arte che ha tra i suoi principali obiettivi la realizzazione di progetti dal carattere fortemente innovativo.

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The Happiest Man

a cura di Chiara Bertola

Ilya Kabakov, nato nel 1933 nell’Ex Unione Sovietica, è considerato il padre del concettualismo russo. Al centro della sua poetica compare fin dal principio l’analisi della condizione sociale dell’individuo durante il periodo post-staliniano dell’Unione Sovietica. L’arte di Kabakov – che lavora in coppia con la moglie Emilia – ha una forte carica utopica che vede la fuga nell’arte e nell’immaginazione come possibile salvezza dalla quotidianità.

La forma espressiva più frequente nell’arte dei Kabakov è l’ “installazione totale”, che comprende elementi architettonici, pittorici, cinematografici, scenografici. Si tratta di uno spazio a sé stante all’interno dello spazio espositivo in cui lo spettatore si immerge in un modo a parte per rivivere, attraverso richiami visivi, sonori e ambientali la realtà sovietica in cui gli artisti sono vissuti.

Attualmente in allestimento, The Happiest Man è una grande “installazione totale” realizzata nel 2000 che verrà presentata in HangarBicocca in una versione site-specific. L’opera rappresenta la casa del “più felice degli uomini”, che attraverso la sua finestra vede il paesaggio in perpetuo movimento dei film proiettati sullo schermo: una metafora al tempo stesso ironica e malinconica della ricerca di fuga dalla realtà che ha caratterizzato il secolo appena trascorso

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