Se non fosse diventato un regista geniale, forse sarebbe diventato un fotografo geniale. Il , dal 13 luglio al 9 settembre 2012, presenta i sorprendenti lavori fotografici di Stanley Kubrick, che a soli 17 anni viene assunto da Look Magazine, una fra le più importanti riviste U.S.A., per documentare la vita quotidiana nell’America dell’immediato dopoguerra, attraverso le storie di celebri personaggi come Rocky Graziano o Montgomery Clift, le inquadrature contraddittorie di una New York in corsa per diventare la nuova capitale mondiale, o della giovane borghesia universitaria della Columbia University.
Il progetto espositivo, patrocinato dal Comune di Napoli, sostenuto dall’assessorato alla Cultura e al Turismo, e prodotto da GAmm Giunti con la collaborazione del Museum of the City of New York e per la prima volta in Italia con i Musées Royaux Des Beaux-Arts de Belgique, indaga un aspetto ancora poco conosciuto del celebre regista: il suo stile nel fare fotografia, che rivela una precocissima profondità umana, poi ritrovata nei suoi futuri capolavori di regia.
La mostra è inoltre un’occasione per conoscere le radici della creatività di colui che sarebbe diventato un fotografo di prima grandezza, se non avesse improvvisamente lasciato il suo lavoro per girare il film “Paura e desiderio” (1953), primo lungometraggio di una straordinaria avventura da regista .
In esposizione negli spazi del PAN 168 fotografie, realizzate dal giovanissimo fotografo tra il 1945 e il 1950, stampate dai negativi originali conservati nella Look Magazine Collection del Museo di New York. Questo patrimonio fotografico fino a poco tempo fa era quasi sconosciuto, e se ne aveva traccia soltanto nelle illustrazioni degli articoli pubblicati su Look Magazine, da quando il giovane Kubrick ritrasse un edicolante affranto per la morte di Roosevelt il 26 giugno 1945. La foto affascinò così tanto Look Magazine che subito lo assunse come fotoreporter nella rivista, a soli 17 anni, pubblicando da quel momento tutti i suoi lavori fotografici.
Tra le opere in mostra si possono ammirare il ritratto dedicato al giovane attore Montgomery Clift, ripreso nel suo appartamento; il campione di boxe italo-americano Rocky Graziano, uomo dall’infanzia difficile e migrato oltreoceano, colto da Kubrick sotto la doccia, alla ricerca della sua anima più autentica, lontano dai riflettori. Riprendendo Betsy Furstenberg il regista-fotografo ci fa entrare nel mondo di una bellezza canonica d’altri tempi, simbolo della vita mondana newyorkese, contrapposta alla vita precaria dei piccoli lustrascarpe che si aggirano agli angoli delle strade di New York con il loro sguardo altrove, lontano dalle scarpe che lucidano.
Spazio anche per gli artisti del circo, con i loro retroscena, e per il genere poliziesco come in Crimini, dove Kubrick testimonia l’arresto di due malviventi seguendo le strategie dei poliziotti fino all’avvenuta cattura, e lasciando intravedere la vena indagatrice dell’occhio del futuro regista. Negli scatti della Columbia University, il giovane osserva dietro l’obiettivo il luogo d’élite dove l’America formava la classe dirigente del futuro.Le sue fotografie (passione che ereditò dal padre, insieme a quella degli scacchi) sono in realtà racconti a episodi, storie di vite, di personaggi enigmatici, contraddittori, come è contraddittoria Alice (Nicole Kidman) in Eyes Wide Shut, il suo ultimo film, dove è tormentata tra l’amore fedele per il marito e una lancinante brama sessuale e di mistero.
Contraddizione umana, dramma psicologico, mistero, seduzione, nei personaggi delle fotografie si percepisce la stessa caratterizzazione estetica dei suoi film. L’influenza della fotografia giovanile sulle future opere cinematografiche del regista deriva in parte anche dal metodo della rivista Look, che cercava una narrazione a episodi. I responsabili della rivista volevano cioè che il soggetto fosse seguito costantemente, che venisse fotografato in tutto ciò che faceva.
Sebbene divenuto regista di successo, il legame con la fotografia non si spezza mai: basta considerare i lunghi tempi di inquadratura cinematografica di Kubrick. Il regista passava ore a studiare il particolare dell’immagine, la prospettiva, l’illuminazione, la posizione dei soggetti e degli oggetti in scena, come fosse una fotografia.