Chiunque si trovi a passare al MADRE di Napoli in questi giorni di buriana, troverà un museo vuoto ma con biglietto a pagamento. Già, tre euro e rotti per ammirare un silenzio cageano che con l’arte ha poco a che spartire. Del resto anche il PAN non naviga in acque sicure. Ma a ben guardare, la lista dei musei italiani sul rischio della bancarotta è ben più lunga ed ogni giorno qualche realtà cittadina sparisce dalla lista degli spazi dedicati alla cultura, ultimo in ordine di tempo l’EX3 di Firenze.
Colpa dei tagli? No, o almeno non solo. La colpa è da attribuirsi al nostro pantagruelico e pigro sistema di gestione dei musei. Solitamente chi prende la poltrona non si sbatte più di tanto alla ricerca di sponsor e quanto altro e per quanto riguarda il programma espositivo basta tirare avanti la baracca alla meno peggio e tutti sono felici. Quando però i soldi dello stato, della provincia, della regione o del comune sono pochi, allora si alzano le mani e si chiude oppure si tiene il museo vuoto per ere geologiche, in attesa che i rubinetti pubblici riprendano a dispensar verdoni. Ovviamente questo comportamento non è la regola e per fortuna esistono tante eccezioni. Già, perché in Italia abbiamo tanti direttori di musei ed altre istituzioni che riescono a fare i salti mortali e proporre cose più che interessanti senza dover per forza ricorrere agli ormai tristemente celebri 2 milioni di euro che hanno fatto “crollare” la Quadriennale di Roma.
Già, esistono direttori che con 2 milioni di euro riescono ad andare ben oltre la singola mostra, coprendo le spese di intere annate. Come non citare l’ottimo lavoro svolto da Gianluca Marziani che ha praticamente forgiato dal nulla il Palazzo Collicola di Spoleto o quello compiuto da Claudio Libero Pisano che ha fatto lo stesso con il CIAC di Genazzano. Piccole realtà, pochi fondi ma molto cuore e tanta visione curatoriale. Marziani e Pisano forse non riusciranno a portare Damien Hirst nei loro musei ma in questi anni sono riusciti a fare quello che molti sbandierano ai quattro venti solo a parole: dare supporto e visibilità alla giovane arte, dialogare con gallerie e pubblico, fare sistema insomma. Avere Damien Hirst e l’anno seguente trovarsi il museo vuoto contribuisce solamente a gettare nel ridicolo i musei nazionali. Avere un progetto e portarlo avanti con poche risorse monetarie ma con grandi risorse creative e sopratutto determinazione e coraggio contribuisce a costruire ciò che altrimenti non esisterebbe, vale a dire un futuro per i nostri artisti.