Finalmente, come a voler invocare la misericordia presente nel titolo, anche nella nostra città è giunto Sette opere di Misericordia, film che da tempo volevamo vedere ma che la solita mafietta della distribuzione cinematografica aveva sin da subito fatto sparire. Eccoli dunque Gianluca e Massimiliano De Serio, in tutto il loro massimo splendore, intenti a proporci le loro versioni di “dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti.”
Ne esce fuori un film duro come un improbabile mix tra Fassbinder e Fratelli Dardenne, proprio a questi ultimi i De Serio vorrebbero strizzar l’occhio senza però riuscirci a pieno. Il trucchetto usato dai nostri videoartisti è quello di dosare attentamente il pathos, rilasciandolo a piccole dosi: la ragazza che compie piccoli furti, il vecchio tenuto in ostaggio, il bambino che scompare e via dicendo. Dramma sociale con risvolti spirituali affogato in liquide inquadrature e sparuti dialoghi che lo fanno assomigliare pericolosamente alla vita reale. Stilisticamente parlando un piccolo, crudo capolavoro che si poggia sulla meraviglia estetica delle inquadrature, sulla fermezza di Olimpia Melinte e sulla gigantesca bravura di Roberto Herlitzka. Eppure qualcosa non convince appieno, sarà l’esagerato neorealismo, sarà la miseria ostentata a volte in maniera quasi divertita, sarà il finale un poco troppo stonato con il resto dell’opera, sarà per i dialoghi mangiucchiati che vorrebbero assomigliare a quelli di Primo Amore di Matteo Garrone salvo poi rappresentarne una sbiadita copia.
Ad avercene di film così ma ci vien sospetto che nessuno mai riuscirà ad inserire misticismo, spiritualità e metafora all’interno della realtà come faceva il buon Andrej Tarkovskij. “Le immagini sono bellissime e compongono sequenze memorabili. Il film è una ventata di novità per il cinema italiano, va oltre ogni tipo di neorealismo alla moda.” Questo il giudizio di Emir Kusturica, le sue parole sono vere ma a noi rimane l’amaro in bocca per un’occasione d’oro tramutata in argento.