What happens if the art world is infected by the American Idol syndrome?
Che succede se anche il mondo dell’arte viene contagiato dalla sindrome American Idol?
What happens if the art world is infected by the American Idol syndrome? Better find another planet, one might say. As many of you well know, The concept of the series is to find new solo recording artists where the winner is determined by the viewers. Winners are chosen by viewers through telephone, Internet, and SMS text voting. Basically, the mechanism is the same as X Factor but this syndrome is ready to affect the artworld. In addition to the much-talked Gallery Girls (which follows the lives of aspiring Galerinas) there is another show. The Hammer Museum in Los Angeles has recently awarded the Mohn Award, a Biennial prize in which all the artists are selected from the survey Made in Los Angeles. The award of $ 100,000 was awarded to the Botswana born painter Meleko Mokgosi. Mokgosi was selected by a group of five finalists, the others were Simone Forti, Liz Glynn, Erika Vogt and sLanguage, the duo formed by Karla Diaz and Mario Ybarra. The finalists were selected by visitors of Hammer Museum who voted just like in American Idol. The press has described the award as The Mohn Games stating that a cash prize so high can not be distributed in a manner so popular and without real control. Indeed, this mechanism seems a little odd, but who’s to say that juries of experts are better than the people?
Che succede se anche il mondo dell’arte viene contagiato dalla sindrome American Idol? Meglio cercarsi un altro pianeta, verrebbe da dire. Come molti di voi ben sapranno, American Idol è un reality show americano che consiste in una competizione canora fra concorrenti scelti per mezzo di audizioni e selezioni effettuate da tre giudici e, solamente nelle fasi finali, dal pubblico, tramite televoto. Praticamente il funzionamento è lo stesso di X Factor ma questo meccanismo oltre ad invadere il mondo dello spettacolo è riuscito a giungere sino al mondo della creatività. Oltre al tanto chiacchierato Gallery Girls (che segue la vita di sgallettate aspiranti assistenti di galleria) c’è un altro fatto a dir poco sconcertante che in questi ultimi giorni rischia di trasformare l’arte nella Società dello spettacolo dell’arte contemporanea . L’Hammer Museum di Los Angeles ha infatti da poco assegnato il Mohn Award, premio biennale a cui partecipano tutti gli artisti selezionati per l’abituale survey Made in Los Angeles. Il premio di 100.000 dollari è stato assegnato al pittore Meleko Mokgosi, originario del Botswana e fin qui non ci sarebbe nulla di strano. Mokgosi è stato selezionato da un gruppo di cinque finalisti, gli altri erano Simone Forti, Liz Glynn, Erika Vogt e Slanguage, il duo formato da Karla Diaz e Mario Ybarra. I finalisti sono stati selezionati dai visitatori dell’Hammer che hanno votato come in una sorta di televoto. La stampa ha definito il premio come The Mohn Games (i giochi Mohn), affermando che un premio in denaro così alto non può essere distribuito in maniera così popolare e senza un reale controllo. Effettivamente questo meccanismo ci sembra un poco bizzarro ma chi ci dice che le giurie di esperti siano meglio del popolo?