Cosa succede quando crollano i confini tra arte e architettura?
La Biennale d’Architettura di Venezia edizione 2012 può fornirci alcuni spunti di riflessione sull’andazzo generale del nostro caro mondo dell’arte contemporanea. Sembrerebbe una contraddizioni in termini, eppure l’architettura è ormai in grado di modificare il destino delle arti visive anche se queste ultime hanno di fatto condizionato quello dell’architettura. Uno scambio d’amorosi sensi verrebbe da dire ma le cose non stanno esattamente così. Basta far un giro per i padiglioni della Biennale per accorgersi che i faraonici progetti delle archistar presenti alla kermesse somigliano sin troppo a quanto propone il dorato mondo dell’arte. In questo nonsense visivo la Biennale d’Architettura sembra un proseguimento di quella delle Arti Visive, un perpetuum mobile che si apre a due alternative a dir poco imbarazzanti:
1 – L’architettura è divenuta così articolata, spettacolare ed irrealizzabile che ogni progetto somiglia ad un’installazione di arte contemporanea
2 – L’arte contemporanea ha annullato pittura e scultura a favore dell’installazione, ma le idee ormai scarseggiano, tanto da far sembra ogni opera simile ad un progetto architettonico
Due nuove contraddizioni che non solo accentuano lo sconfinamento reciproco delle discipline creative ma altresì dimostrano che queste contaminazioni hanno ormai il fiato corto e sono responsabili dell’imbarbarimento generale. Purismo e rigidità non sono caratteristiche da lodare ma in certi casi una certa regola per così dire estetica e formale potrebbe limitare i danni. La lunga stagione delle sinergie e delle contaminazioni è ormai giunta al termine, per scuotere il sistema creativo c’è bisogno di un contro-movimento fondato sulla rigidità, altrimenti video arte e cinema, pittura ed illustrazione, architettura ed installazione artistica, teatro e performance non avranno più linee ben definite. Ammesso che tutto questo sia un male.