La citazione è il male del secolo, l’equivalente della panna in cucina: buona solamente ad uccidere qualsiasi sapore. Il citazionismo è però una delle pratiche più in voga tra le nuove schiere di giovani artisti e tra le masse in movimento della critica per così dire moderna. La regola è molto semplice, si prende un filosofo o un fatto storico di grande importanza e lo si inserisce all’interno di una ricerca altrimenti vuota e fuori da ogni contesto. Ed ecco che la panna del citazionismo copre ogni sapore, rendendo tutto uniformemente grasso. D’altronde i nostri sono gli anni del remix, tutto si rimpasta e nulla si crea, difficile scrollarsi da un torpore creativo che preclude ogni tentativo di porsi oltre i limite del consueto. Le scuse sono sempre le stesse, impossibile andar oltre le grandi sperimentazioni del passato, impossibile fare di più. Eppure, possibile che non ci sia nulla da dire oltre gli White Paintings di Rauschenberg, oltre lo zero musicale di John Cage, oltre le sfrenate performance di Gina Pane e Marina Abramovich, oltre la perfezione estetica di Bill Viola e le sperimentazioni formali di Nam June Paik? Possibile che i traguardi creativi siano stati tutti conseguiti prima dell’inizio del nuovo millennio? La risposta è no ma noi siamo troppo pigri per poter opporre una qualsiasi resistenza. Non rimane quindi che citarsi addosso. Attenzione però a non fare la fine di quelle insulse e melense foto coperte di aforismi che girano sovente sui social networks e finiscono con il ridurre ogni profondo pensiero o filosofia ad una battutina alla Zelig.
Citarsi addosso
di 14 Novembre 2012Commenta