Strano Paese, l’Italia. Siamo sempre pronti a criticare ogni tipo di lobby, di massoneria, di nepotismo e di favoritismo, ma saremmo anche i primi a voler partecipare a questo imbandito desco, qualora ne avessimo il privilegio. La cosa che più odiamo è il vecchio, il passato che continua imperterrito ad impedire al nuovo di avanzare. Eccoli li, i tromboni ancora saldamente al comando sulle loro poltrone, eccoli i baroni delle università e delle farmacie. I notai, gli avvocati e i chirurghi che non schiodano dalle loro posizioni. Insomma, siam pieni di vegliardi che non ci lasciano esprimere e soprattutto non ci lasciano lavorare. Anche il mondo dell’arte è zeppo di queste figure, artisti eternamente giovani, curatori ottuagenari e direttori-mummia che hanno stilato un andreottiano patto con il diavolo. “Largo ai giovani, largo ai giovani!” questo è il nostro slogan. Eppure, quando finalmente il giovane di turno riesce a farcela, curando una mostra o partecipandovi o quanto altro, ecco che salta fuori la combine. Quel giovane è sicuramente un raccomandato, un figlio di…, uno che è andato a letto con…, uno che ha pagato. Vogliamo soppiantare il vecchio con il nuovo ma quando questo succede ci stupiamo perché quest’ultimo è troppo nuovo. Inutile quindi desiderare un cambiamento, se siamo noi i primi a non accettarlo.
Largo ai gggiovani, anzi no!
di 14 Novembre 2012Commenta