Le poco confortanti notizie circa i reality show dell’arte contemporanea ci avevano già messo in guardia sulla preoccupante atrofia del sistema dell’arte contemporanea internazionale. Per muovere le acque ed aggiungere un poco di energia galleristi ed istituzioni stanno vagliando ogni possibile ipotesi, sconfinando paurosamente verso le brulle e sconnesse terre dello spettacolo.
D’altronde il caro vecchio Guy Debord ci aveva già messo in guardia sulla deriva della società e dell’arte verso i lidi della mercificazione. Oggi volenti o nolenti ci troviamo di fronte ad un’arte contemporanea tesa al bisogno del cambiamento e della novità che realizza in termini l’espressione pura del cambiamento impossibile, un’arte che pur non riuscendoci deve essere necessariamente d’avanguardia mentre la sua vera avanguardia è la sua scomparsa. Così in Italia si tramutano i musei in cocktail bar ed in discoteche dove le opere svolgono il loro rassicurante ruolo d’arredo a corollario di una massa di parvenu danzerecci amanti del radical chic pensiero. Ed ancora si organizzano e si chiedono vernissage collettivi in modo da fare quadrato attorno ad un evento, come se l’evento stesso sia il fulcro della creatività artistica. Se è vero che il nostro paese è molto attento a quello che succede negli Stati Uniti, allora le ultime notizie provenienti dal nuovo continente non fanno certo sperare ad un ritorno al rigore estetico e filosofico. La Lyons Wier Gallery di New York ad esempio, ha inaugurato alcuni anni or sono una serie di mostre chiamate Art Bazaar (mai titolo fu più appropriato) dove i primi 20 artisti a presentarsi in galleria si guadagnano un posto per esporre.
Il risultato di questa assurda decisione è che centinaia di artisti della domenica si ammassano davanti alle porte della galleria in cerca di fama spicciola. Viene lecito chiedersi a cosa porterebbe il dilagare di questa pratica in tutto il resto del mondo. Certo in Italia questo genere di manifestazioni potrebbero dare una scossa ad un sistema pervaso dalla burocrazia artistica ma la mancanza di una piattaforma critica, di filtri istituzionali e di selezioni creerebbe una nuova burocrazia anarchica da provino televisivo e da concorso statale dove ogni mostra finirebbe per essere un grande spettacolo dove tutti possono essere protagonisti ma in questo caso, chi sarebbero gli spettatori?
Photo: Lyons Gallery, New York Times