Nel 1965 Joseph Kosuth realizzò l’opera Una e tre sedie che comprendeva una vera sedia, una sua riproduzione fotografica ed un pannello su cui era stampata la definizione della parola sedia. Con tale azione l’artista voleva far riflettere lo spettatore sulla relazione tra immagine e parola, in termini logici e semiotici. Prima di Kosuth, Marcel Duchamp con la sua celebre opera Fontana del 1917 aveva già gettato le basi per il futuro sviluppo dell’arte concettuale.
Chissà però se Duchamp prima e Kosuth poi si saranno mai fermati a pensare all’enorme influenza della loro creatività nel mondo dell’arte strettamente contemporanea. L’escalation dell’arte concettuale infatti sembra divenuta inarrestabile, è oramai cosa consona recarsi ad una mostra in galleria, ad una fiera o ad una biennale d’arte e trovarci dentro un enorme quantitativo di opere costituite da oggetti assemblati a caso e installazioni ermetiche ed alquanto pretestuose. L’escalation del concettuale ha però perso per strada la spinta provocatoria e rivoluzionaria degli inizi oltre che una certa dose di filosofia dettata da una ricchezza culturale ed in certi casi spirituale. Osservate bene gli armadietti di medicine di Damien Hirst e vedrete solo una lunga fila di spray per il raffreddore e vitamine, una serie di medicinali battuti all’asta per 239.000 dollari. Ci sono poi gli aspirapolvere sotto plexiglas di Jeff Koons, insomma la lista è decisamente lunga. Ovviamente un aspirapolvere rimane tale come tale rimane un armadietto dei medicinali, la differenza sta in chi ha deciso di farli diventare arte, conta il nome e tutto ciò che ruota attorno ad esso ossia collezionisti, mecenati, curatori, musei, case d’asta e quanto altro.
Il vero problema è che con opere di tal guisa, l’arte sta perdendo di vista l’aspetto artigianale, voglio dire Damien Hirst non ha certo tassidermizzato e dissezionato uno squalo con le sue mani e Jeff Koons per creare la sua statuetta di Michael Jackson (come è noto) si è affidato ad un maestro italiano della porcellana. Insomma quello che conta oggi non è l’abilità tecnica ma una certa abilità nel giocare con le idee. Il rischio però è di inflazionarle queste idee, ammesso che ancora ve ne siano.
Questo significa forse che l’arte sarà in futuro sempre più concettuale e sempre meno artigianale? Non credo, questo poiché l’umanità è ancora attratta dalla maestria nell’uso della tecnica artistica e dall’estetica che ne consegue. L’arte concettuale odierna è invece spalleggiata, foraggiata ed amata da una ristretta ma potente intellighenzia che ha tutti gli interessi nel far salire le quotazioni di mercato di determinati artisti.
Queste speculazioni potrebbero però in futuro relegare le opere di Hirst, Koons e compagnia cantante al semplice ruolo di curiosità artistiche. Bisogna comprendere quando una corrente artistica ha già sparato tute le sue polveri e non lasciarla agonizzare lentamente, non sto certo invocando il ritorno del Manierismo ma è giunta l’ora di voltar pagina e ritornare all’arte prodotta e non solamente pensata.
Photo Copyright: Joseph Kosuth, Damien Hirst, Joseph Kosuth
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