Circa tre anni or sono il segretario del partito inglese dei conservatori Jeremy Hunt, promise una gestione dei musei pubblici all’americana e cioè con il supporto di sponsor e benefattori privati: “Credo nel finanziamento pubblico ma in questo sistema economico contemporaneo bisogna introdurre altre fonti di finanziamento per lo sviluppo dell’arte e della cultura” dichiarò Hunt in quel frangente.A Parigi, pochi mesi dopo il Centro Pompidou è stato chiuso per sciopero per più di due settimane e così hanno fatto anche altre istituzioni museali francesi a causa della decisione di Nicolas Sarkozy di tagliare le spese per l’arte pubblica. Ciò ha comportato un taglio di 200 posti di lavoro dal 2010 al 2013 , quindi se i musei francesi vorranno continuare ad assumere nuovi impiegati avranno bisogno di una forma di finanziamento privata, proprio come Hunt ha proposto in Inghilterra.
Per anni il progetto di una futura privatizzazione dei musei pubblici ha covato anche all’interno di nazioni come Germania ed Italia ma ora forse è giunto il momento di liberarsi dall’egemonia del sostegno unico del governo e lanciarsi in un nuovo concetto di museo pubblico abbracciando in toto il modello statunitense.E’ palese che la cultura sovvenzionata dal governo, anche se con alti intenti, finisce per intopparsi nella burocrazia, trasformando i musei in una sorta di zoo colonialisti, basti pensare a quanto sta succedendo in casa MAXXI. Le nostre istituzioni museali sono desuete e lente, non forniscono il valido apporto culturale alla popolazione, nella maggioranza dei casi non supportano l’arte nazionale o la giovane arte ed in alcuni casi (cosa ancor più triste) sperperano denaro pubblico inutilmente. Basta contrapporre questi mesti risultati ai brillanti progetti di istituzioni private come la Fondazione Prada di Milano e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino per accorgersi della differenza di passo e di stile. In più in tempi di crisi lo stato non è un valido parafulmine contro il taglio dei fondi e dell’occupazione (come in Francia).
Un sistema di fondi privatizzato, con le dovute cautele, potrebbe permettere ad un museo più indipendenza e flessibilità oltre al fatto che ogni passo falso sarebbe a carico degli sponsor quindi questo porterebbe a maggior controllo su spese e più selezione sull’offerta culturale. Per una volta tanto dovremmo fare un’americanata e cedere al sistema privato che ci piaccia o meno.
Photo: Patrizia Sandretto Re Rebaudengo