L’alchimia che rende eccezionale ed unico un testo curatoriale è senz’altro dura da trovare. Occorre leggere, studiare e documentarsi con un occhio sempre attento alle altre discipline artistiche ed alla filosofia. Ci vuole impegno, ma soprattutto passione. A volte però è possibile imbattersi in testi che sembrano tutti uguali, quel termine è decisamente inflazionato e quel periodo l’abbiamo sentito un milione di volte. Stai a vedere che ad unirli assieme alcuni testi curatoriali possono fondersi a perfezione?
Già, questo esperimento di cut up alla William Burroughs noi l’abbiamo provato ed abbiamo constatato con discreto disgusto che unendo una ventina di testi in poco tempo si ottiene un bel prodotto uniformato, proprio come centinaia di altri testi senz’anima tanto apprezzati dagli addetti ai lavori very cool. Mancano ovviamente passione e sentimento ma tanto chisseneimporta, basta buttar giù due frasi d’effetto e tutto gira a perfezione. Ecco quindi il nostro testo critico cut and paste per un ipotetica mostra dell’Artista X, ovviamente si tratta solamente di un piccolo assaggio ma volendo è possibile continuare per molto senza andare fuori tema, usando sempre lo stesso meccanismo:
“L’artista X esprime nelle sue opere un umorismo sinistro, un’ironia equivoca e sfuggente che si srotola nel tempo come un racconto filmico. Ciò è il risultato di un percorso creativo, di diverse fasi, un viaggio attraverso la memoria con il quale l’artista racconta uno spaccato della propria vita, sottolineando le possibilità di stordimento percettivo ed esplorando i processi di annullamento del corpo. Partendo da una meticolosa ricerca sulla forma e sulla luce, vista come oggetto e non come simbolo, l’artista X opera con i mezzi più vari alternando performances, video, oggetti e fotografie, per ragionare sul concetto stesso di profondità e di abisso, in senso fisico e psicologico. L’artista X esplora inoltre territori sia fisici che mentali, utilizzando oggetti quotidiani spesso provenienti dal luogo stesso in cui si trovano, creando opere ricche di segni presi in prestito dal vivere quotidiano”.
Micol Di Veroli e William Burroughs