Dal 2 maggio al 2 luglio 2011 The Gallery Apart di Roma ospiterà la doppia personale di Marco Bongiorni e Marco Strappato, entrambi alla loro prima mostra nella capitale. Il titolo, scelto da Andrea Bruciati che per l’occasione ha anche scritto un testo disponibile in galleria, è tratto dagli scritti di Søren Kierkegaard, il filosofo della prima metà del XIX secolo secondo il quale la felicità è desiderio di ripetizione.
Marco Bongiorni, che vive e lavora a Milano, e Marco Strappato, da qualche mese trasferitosi a Londra, si incontrano per la prima volta confrontando ed unendo le loro ossessioni: il disegno per Bongiorni e l’immagine per Strappato sono più che una mera fonte di ispirazione, sono l’oggetto delle loro ricerche, il tema della loro ossessione; e l’ossessione, si sa, comporta la coazione a ripetere. Scrive Andrea Bruciati: reiterazione di un gesto, duplicazione di un movimento, scavo. E’ solo dallo sprofondamento nell’apparenza e nelle sue malìe che si può risalire verso una verità e compiutezza dell’Essere. Dalla hybris soggettiva. dalla sempre reiterata ricerca estetica della soddisfazione di sé, scaturisce il più totale rovesciamento: in cui il calice dell’estetico, che è insieme il luogo della soddisfazione e della più estrema disperazione, si colora di contenuti esistenziali. Per Bongiorni il lavoro è un errore riflesso su se stesso, è una scelta che si avvale del suo essere tale, per rifiutare fermamente le accuse che gli vengono mosse dall’esterno. I suoi segni sono vestigia di processi errati, di vie di fuga sbarrate, raggi senza luce che avvolgono la materia, rendendola visibile solo nei termini in cui si rende visibile ciò che non appare agli occhi. Il disegno è un processo di scelte continue, di susseguirsi di scarti e ipotesi abbandonate, un errore unico, irripetibile, un continuum immaginifico di segni mai nati, la cui mancanza genera il gesto visibile. “Credo – ritiene l’artista – che il concentrarmi su questo processo abbia fatto crescere in me la consapevolezza, il gusto e la necessità di ricercare forme nuove. Credo che il mio compito sia solo questo: la creazione di nuove possibilità”.
È’ l’orizzonte del possibile quello che si dischiude dinanzi all’artista, che può apparentemente vestire e dismettere molti abiti e incarnare altrettanti personaggi. L’estetico dunque trasforma l’universo nell’immagine non senza essere però prima transitato attraverso un processo di approfondimento di se stesso, che lo conduce dall’incarnazione del desiderio nella sua natura prepotente, puntuale e inappagabile, che sempre si rinnova, al seduttore che ha ormai lasciato dietro di sé il momento dell’appagamento per trasferirsi, per così dire, compiutamente nell’universo dell’apparenza. L’artista che ha lasciato dietro di sé l’immediatezza per la riflessione, volge però verso la malinconia e la disperazione. Come afferma Strappato: “la mia attitudine nel fare arte è qualche cosa che ha a che fare più con una strategia di sopravvivenza che con un piano di azione, più con la paura che con la ragione, è più simile ad una sconfitta che ad un ideale”. È la catarsi, tragica, dell’apparenza estetica che duplica se stessa e può così riconoscersi.
Marco Bongiorni fa del disegno una disciplina mentale, fino ad imporsi delle regole che ne scandiscono i ritmi vitali per interi periodi, come nel progetto “1000 drawings in a week” in cui si impone di visitare una città ogni volta diversa armato di taccuini dove raccogliere i mille disegni in una settimana che rappresentano l’obiettivo del progetto. Bongiorni sembra disegnare anche quando scolpisce o quando dipinge e le opere in mostra (appunto, una serie di sculture, un dipinto e alcuni disegni) puntano a dimostrarlo.
Marco Strappato interroga il linguaggio – sia esso verbale, prossemico o cine-video-fotografico – analizzando i dispositivi della visione, il rapporto con le immagini. Attraverso meccanismi di selezione, manipolazione e alterazione, forza le regole dei codici visivi per indurre le convenzioni che li regolano alla contraddizione. Oltre ad una installazione inedita (FakeLake) composta da una foto che dialoga con elementi al neon che ne ripercorrono la stratificazione di colore, saranno esposti il video I’m looking forward to seeing you in cui Strappato indaga la struttura filmica dell’immagine in movimento ed è al tempo stesso una riflessione sul tempo ed in particolare sul tempo dell’attesa, e la serie Scarti del Novecento & Scarti di Scarti del Novecento, due immagini care all’artista che appartengono al suo passato personale, familiare, così come il lavoro dal titolo Tutto crollò sul finire degli anni ottanta.
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