Alle prese di posizione del Vittorione Nazionale©, escluso dall’ennesima carica pubblica, il presidente della Biennale Paolo Baratta ha risposto con queste parole apparse sul Corriere del Veneto: «Per la mostra che realizza lì ha già chiamato vari intellettuali: è un bellissimo esercizio di analisi dello spaccato storico della società italiana e dei suoi rapporti con l’arte, un luogo dove si discute, si parla e non soltanto si rappresenta. È una bella cosa, per cui, per carità, la faccia!».
Il Giornale pubblica invece un’accorata e profumata lettera d’amore di Luca Beatrice indirizzata al nostro Vittorione: “Caro Vittorio, se è vera la tua intenzione di rinunciare alla curatela del Padiglione Italia alla prossima Biennale di Venezia, ti prego ripensaci(…) Questo potrebbe essere l’ultimo spazio che ci verrà dato prima che ritorni la restaurazione, e con essa quei padiglioni rigidi e frigidi, privi di sensualità e coraggio(…)Con la tua illogica follia hai fatto saltare la logica degli schieramenti (…) Una mostra inclusiva, dove il pubblico potrà trovare la pittura figurativa classica di Ventrone e Martinelli insieme agli abiti di Marras; l’astrazione storica del centenario Gillo Dorfles e la ceramica dei bravissimi Bertozzi & Casoni; il pop-politico di Veneziano e il neobaconismo di Samorì”. A me vien da sorridere pensando alle preghiere accorate di Baratta, ai Padiglioni Coraggiosi e fuori dagli schieramenti cantati da Beatrice (si riferiva anche al suo Padiglione della Biennale passata?). Si fa riferimento a lotte contro la casta che partono dal cuore della casta, si lodano le follie dell’imperatore invece di censurarle.
D’altronde la Biennale del Gossip di Vittorio Sgarbi ha centrato il bersaglio, ora tutta l’Italia è in attesa del suo padiglione. Ed allora forse ha ragione Beatrice, che nella sua lettera fa riferimento ad Al Pacino in Scarface ed a James Bond, forse lo spettacolo dell’arte contemporanea deve essere orchestrato da Ennio Morricone e montato da Ferzan Ozpetek, con la regia di Vittorio Sgarbi. Potremmo quindi spostare tutto a Cinecittà per allontanarci da quei “padiglioni rigidi e frigidi” odiati da un Beatrice che è riuscito a decentrare Artefiera alla Biennale. “Vittorio come here!” potrebbe invece essere l’accorato grido di un Baratta/Ekberg che nella scena madre di questo bel film chiama a sè il Vittorione Nazionale© dalle acque di Fontana di Trevi. Una cosa è certa, ed ache Luca Beatrice l’ha ben compresa, questa sarà l’ultima Biennale di Regime. Le cose devono cambiare.
Micol Di Veroli