“Work will make you free”, sarebbe a dire l’equivalente inglese di “Arbeit macht frei” che in italiano si trasforma nell’ormai tristemente celebre “Il Lavoro rende liberi”. Questa scritta, lo sapete di certo, delimitava (ed ancora delimita) l’accesso del lager di Auschwitz. Ecco, proprio nella giornata del 25 aprile a qualche artistucolo non pago di altre operazioni del genere già ampliamente inflazionate nel mondo della creatività, è venuta in mente la malsana idea di installare una scritta simile in tutto e per tutto a quella presente ad Auschwitz, variandola appunto in inglese.
La scritta in questione è apparsa a Roma su di un ponticello che tra la zona pedonale e la ferrovia del quartiere pigneto, definito più volte dalla stampa di settore come art district capitolino per eccellenza. La scritta era inoltre corredata da uno striscione con su scritto “Basta morire uccisi dal lavoro e dall’indifferenza – Comitato no morti lavoro” con quattro stelle a cinque punte. Inutile dire che già a poche ore dalla sua comparsa la scritta ha giustamente sollevato un coro di polemiche provenienti da più parti. Il sindaco Alemanno ha bollato il fatto come: “un atto infame e vergognoso” e gli uomini della Digos hanno prontamente rimosso lo scempio. In molti hanno gridato ad un’azione di stampo neo-nazista ma alla fine si è scoperto che l’autore del misfatto è uno pseudo-artista lucano di 32 anni che risponde al nome di Domenico.
“Non è un’apologia dell’Olocausto, si tratta solo di una provocazione per dire che la nostra società è un enorme campo di concentramento. Sono un artista che ha voluto aprire un dibattito, non posso e non voglio essere confuso con teppisti o fanatici», ha dichiarato lo pseudo-artista Domenico al quotidiano Il Fatto, aggiungendo che lui guadagna solo 1000 euro al mese e deve sudare per pagare 350 euro di affitto. Forse al buon Domenico nessuno ha spiegato che certe questioni è meglio non tirarle in ballo, anche se oggettivate a rafforzare una valida protesta. Forse dovremmo tutti capire cos’è l’Olocausto e cosa rappresenta per il popolo ebraico dei giorni nostri. I problemi di un giovane precario che va in giro a fare l’artista non possono essere nemmeno lontanamente paragonati a quelli di chi ha patito ogni tipo di sofferenza, sia fisica che morale.
Micol Di Veroli
giorgia 4 Maggio 2011 il 09:07
questo articolo è vergognoso… e mi stupisco del fatto che una persona che si occupi di arte (non conoscevo il tuo nome, ma ho fatto qualche ricerca) usi il termine “pseudo artista”, sono davvero senza parole. gli snob intellettualoidi inizano a prendersi troppo sul serio… peggio per voi.
Micol Di Veroli 4 Maggio 2011 il 11:16
Rimango della mia idea. Sostengo che utilizzare un simbolo dell’orrore assoluto per scopi pur validi ma totalmente fuori tema sia un voler rendere pop la sofferenza di milioni di persone. Moltissimi artisti hanno parlato dell’Olocausto attraverso delle opere ma mai nessuno ha reso così povero il concetto. Un ready made su Auschwitz francamente poteva risparmiarselo. Ho letto alcune dichiarazioni su internet dello pseudo-artista e i suoi intenti non mi sembravano “alti” come li hai descritti lui.
giorgia 4 Maggio 2011 il 20:51
cara Micol, ti ostini a usare come niente fosse un termine davvero offensivo e hai scritto un articolo basandoti- come hanno fatto tutti i giornalisti- sulle prime notizie dell’ansa.. allora io come dovrei chiamarti se non “pseudo-giornalista”? Probabilemente se avessi fatto una ricerca seria prima di scrivere anziché riportare i commenti di alemanno dei quali non potrebbe fregarcene di meno, avresti scoperto che la stessa opera è stata fatta anche da un altro grande artista che non avresti definito per questo pseudo-artista, ossia Robert Gligorov.
Cristina 28 Dicembre 2011 il 09:41
Brava Giorgia hai zittito lo pseudo-giornalista…..E’ piu’ facile essere ignavi e codardi che esporsi con incosciente coraggio cercando di muovere almeno un po’ questo fango che ci sta sommerggendo sempre di piu’.
Micol Di Veroli 28 Dicembre 2011 il 14:21
Gentile Cristina,
La vostra pseudo giornalista è docente in fenomenologia delle arti contemporanee ed è storico dell’arte. Ma non sono ora qui ad elencare le mie qualifiche.
Lo scorso gennaio ho avuto modo di curare una mostra sull’Olocausto dal titolo Achtung Achtung (prova a farti una ricerca sulla mostra) e come vedrai sono legata a questo periodo storico (vista la mia provenienza ebraica) e nessuna delle opere esposte era così povera e didascalica come quella di questo artista. Mi piacerebbe inoltre sentire le parole di lui e non della sua pseudo fidanzatina e amichetta che stanno lì a difenderlo!
giggi 28 Dicembre 2011 il 18:22
E poi Micol Di Veroli censura i messaggi. Me ne ha appena cancellato uno 🙂
Francamente, se le tue origini sono ebraiche, questo articolo ha un sapore ancora più mesto. Sembra un dover rendere conto alla propria comunità, pagando lo scotto di un moralismo mal riposto (visto che siamo nel mondo dell’arte). Ognuno è padrone di scegliere la comunità di appartenenza. Francamente, pseudo-giornalismo o meno, giudizi del genere nascondono una ipocrisia multistrato e sono di livello sub-divulgativo.
Per ogni messaggio che verrà censurato su questa discussione questo si moltiplicherà su altri blog di arte.
La censura di un’opera simile e la censura dei post mi sanno tanto di quei falò di libri che qualcuno ha fatto in passato. Se poi per fare rivendicazioni su certi argomenti ci si avvale di Alemanno il sentimento che permane è pena totale.