Le follie dell’imperatore Vittorio Sgarbi che lascia definitivamente il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia (seguirà un nostro dettagliato reportage alle 15:00 di oggi), i musei che crescono a dismisura e non hanno i fondi necessari al minimo sostentamento, gli stessi musei che vengono lodati o criticati per le loro programmazioni, le roventi critiche all’artista italiano che espone all’estero, le invidie per il curatore italiano che organizza una mostra all’estero, le ripicche tra colleghi, i premi ed i festival, l’andamento di una fiera, le vendite e le quotazioni.
Ed ancora: se è vero, come ha fatto giustamente notare Artribune, che Vittorio Sgarbi è il re dei risultati su Google, è anche vero che questi risultati sono relativi alla sezione italiana del celebre motore di ricerca. Ma c’è di più: anche a legger centinaia di magazine internazionali non si corre il minimo rischio di trovare tracce di italianità, tranne che per i soliti Vezzo Vezzoli™ o Cattelan. Insomma tutto questo preambolo conduce ad un unico, grande risultato: Le più scottanti o coinvolgenti vicende dell’arte contemporanea italiana all’estero sono praticamente sconosciute. Già perché al di fuori dei nostri confini, tutti le nostre polemiche o tutti i nostri grandi trionfi non valgono più di un fico secco. Mentre noi ci sbracciamo per leggere del nuovo artista presente al MoMa, del vincitore dell’annuale Turner Prize, delle bizze di Tracey Emin o delle meravigliose opere di un nuovo giovane talento dell’arte internazionale, alla stampa estera i nostri premi, i nostri giovani artisti e quanto altro non interessano punto.
Siamo quindi noi ad esagerare ogni piccola vicissitudine artistica del nostro belpaese o sono gli altri ad evitarci sistematicamente? Difficile rispondere a questo arduo quesito. Certo è che a lodar un poco di più i profeti in patria e a minimizzar gli scandaletti da quattro soldi non si agirebbe poi tanto male. Alla luce di quanto sta succedendo oggi al polo culturale del nostro belpaese sarebbe meglio chinare la testa e ricominciare a lavorare sul serio.