“La terra ferma tutto”, in questa semplice affermazione oltre ad una riflessione sull’interazione gravitazionale, Bas Jan Ader focalizza l’attenzione sull’aspetto drammatico e perfetto dell’esperienza umana. Nato il 19 aprile del 1942 a Winschoten, in Olanda, questo grande artista concettuale ha riempito le sue performance ed i relativi video con un estrema fisicità, rendendo tangibili alcuni concetti astratti come la disperazione e la tristezza della perdita, la capitolazione ed il conseguente ritorno alla madre terra.
Difficile restare impassibili di fronte a I’m too sad to tell you (1971), video in cui l’artista, in primissimo piano, piange di fronte alla telecamera, come è impossibile non meravigliarsi di fronte alla lucida capitolazione di Fall I, Los Angeles e Fall II, Amsterdam (entrambe 1970) dove il performer si getta rispettivamente da un tetto di una casa e dentro un canale di Amsterdam con una bicicletta. Non si tratta solamente di immagini di una fine ma anche dell’ostinazione di un voler raccontare un qualsiasi accadimento improvviso all’interno della vita di tutti i giorni, di una ferma decisione di lasciarsi andare alle leggi della fisica.
Nel corso della sua breve carriera Ader ha raccolto la sfida lanciata da Chris Burden e Bruce Nauman, inserendosi all’interno di ricerche comuni ed esplorando l’intima essenza di ogni ansia ed aspirazione umana. Il mito di Bas Jan Ader si genera in concomitanza con la sua misteriosa scomparsa, durante l’ultima grande performance intitolata In Search of the Miracolous, tentativo fantastico quanto impossibile di attraversare l’Atlantico su di una piccola imbarcazione a vela.
La barchetta, fu ritrovata circa 10 mesi dopo la sua partenza, nel 1975, ma i resti di Bas Jan Ader non riaffiorarono mai più. Nel 2006 il suo nome è stato riportato in vita dal regista olandese Rene Daalder, autore del documentario biografico Here is Always Somewhere Else, opera fondamentale per comprendere la poetica e la vita di Ader. Oggi volevo solo raccontarvi la storia di una caduta che ha cambiato il mondo dell’arte contemporanea.
Micol Di Veroli