La Biennale Giovani Monza nacque negli anni Cinquanta, ma è difficile trovare informazioni in rete riguardo le sue evoluzioni negli anni, quel che sappiamo è che dal 2005 ha ripreso la cadenza regolare e che quindi questa è una quarta edizione per modo di dire. Dentro il Serrone del Palazzo Reale di Monza, affacciato sullo splendido giardino delle rose, troviamo trenta opere per trenta artisti under trentacinque, (scusate lo scioglilingua). La formula adottata per scegliere in nomi dei partecipanti è quella che va di moda: nominare qualcuno che proponga i nomi e, come ha giustamente detto il direttore organizzativo Daniele Astrologo Abadal, anche questo è un modo per esporre il proprio punto di vista, giacché ogni curatore o critico incarnerà una certa visione dell’arte contemporanea.
Ed ecco quindi i cinque prescelti: Marco Bazzini, direttore del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, Luca Cerizza, critico e curatore attivo tra Milano e Berlino, Yunkyoung Kim, direttrice del Mongin Art Center di Seoul, Franziska Nori, direttrice del Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Firenze, Stefano Questioli, consulente artistico presso l’Istituto Italiano di Cultura di Chicago. Personalità e storie differenti che, coerentemente, hanno scelto secondo parametri anche diametralmente opposti, avendo come unico vincolo l’età e l’italianità. Ad eccezione fatta per i sei artisti invitati da Yunkyoung Kim a rappresentare la giovane arte sud-coreana, nazione ospite della rassegna.
Potete ben immaginare dunque, dopo quanto appena detto, la caoticità di un intervento di questo tipo, soprattutto avendo a disposizione uno spazio abbastanza ridotto come quello del Serrone. Ho visitato la mostra un bel sabato pomeriggio e le persone che entravano curiosando mi sembravano abbastanza smarrite di fronte a quel susseguirsi fitto di opere completamente diverse tra loro e senza (solito problema) nessuna indicazione che gli permettesse di capirci qualcosa.
Così mentre spiegavo a mio nonno che l’uomo lupo raccontato da Moira Ricci – Da buio a buio. Lupomannaro. è una delle opere acquisite – non è realmente esistito, mi interrogavo ancora una volta sul senso delle mostre d’arte così come vengono concepite oggi. Per inciso, mio nonno non crede nell’esistenza di uomini che si trasformano in lupi, ma, senza la giusta chiave di lettura, crederà che quell’uomo peloso e brutto sia realmente esistito e probabilmente che poverino veniva deriso e chiamato uomo-lupo per il suo aspetto, senza poter andare oltre ciò che vede.
Volendo sorvolare questo tipo di problemi, non secondari, per concentrarci sulle opere esposte non posso che concordare ancora una volta con Daniele Astrologo Abadal: “La nomina di sei artisti da parte dell’esperto comporta quindi un’attività critica in grado di riflettere la propria linea di pensiero, la propria capacità di apprezzamento”. Io probabilmente ho una linea di pensiero un po’ sud-coreana perché ho apprezzato maggiormente la ricerca dei colleghi orientali, su tutti i sedici disegni su carta nera di Kyunghwan Kwon che riesce ad affiancare alla perfezione tecnica un’infinità possibilità di rimandi, significati.
Kichang Choi non spiccherà per originalità, ma la sua luna pesca dalle nostre viscere il nostro essere stati bambini. Quando poi, andandoci sotto, ci si accorge che l’immagine è di una luna piena, ma la sfera è solo mezza (The half moon, il titolo) è come fare una doccia fredda nell’età adulta.
Premio speciale Rottapharm – una casa farmaceutica – per Andrea Mastrovito con l’esilarante e grottesco The Freddie Mercury Photocopied Tribute Concert.
Giocosa e greve allo stesso tempo l’opera di Margherita Moscardini, Strappo #1, nel suo portare allo scoperto un muro ci svela una tortura fisica fatta a luoghi reali.
Altri riconoscimenti sono andati alle opere di Luana Perilli (‘Untitled’), acquisita per le collezioni civiche, mentre l’artista coreano Yunho Kim si e’ aggiudicato il Premio Speciale Rotary e ad Alessandro Imbriaco e’ stato assegnato il Premio Speciale Camera di Commercio.
Un’operazione significativa dal punto di vista sociale, affrontata però con leggerezza in alcune sue parti. Se non vi piace potrete sempre consolarvi passeggiando nel giardino delle rose.