Mercoledì 24 giugno la galleria Monitor di Roma inaugura la mostra Emotional Community, collettiva di Francesco Arena, Jeremy Deller, Gabriele De Santis, Gülsün Karamustafa, Mike Kelley, Garrett Phelan, Alejandro Vidal, Akram Zaatari e The Joy Division a cura di Teresa Macri‘.
La comunità emotiva e’ soprattutto un flusso empatico che si espande in un territorio mentale e fisico e che condivide impulsi e ossessioni, desideri e asfissie. E’ un luogo d’intensità. E’ una mappa di significanza. Una zona d’ombra o/e una agorà globale. E’ un feedback diagonale. E’ ideologica e edonistica, territoriale e smaterializzata, utopica e feticistica, politica e enigmatica, ludica e situazionista, trasgressiva o convenzionale. La comunità emotiva ha una logica del senso binaria: progettuale o inoperosa. Decostruisce gli stereotipi globali o si appiattisce nei trend consumistici. Agisce sottopelle infiltrandosi nelle molecole del soggetto e poi avanza come un magma. The Battle of Orgreave di Jeremy Deller riconduce il discorso alla nozione di -identità situazionale-, secondo la quale, in base alla congiunture storiche, sociali e relazionali, le collettività e gli individui costituiscono e costruiscono molteplici identità sociali. Deller ha centrato la sua indagine sulla working class inglese che si impone come community rivendicativa.
Dalla identità situazionale a quella politica: Francesco Arena ha raccolto degli oggetti in giro: una sedia, un armadio, una scopa, un paio di pantaloni, l’anta di una porta, tagliandoli a 92 centimetri dal suolo, una specie di decapitazione o meglio di livellamento degli oggetti alla stessa altezza della ringhiera da cui l’anarchico Pinelli precipito’ nel 15 dicembre del ’69.
Il lavoro di Alejandro Vidal indaga la relazione tra misure di sicurezza e la cultura della paura: nel video Tactical Disorder e’ ripresa una manifestazione studentesca mentre gas lacrimogeni invadono l’inquadratura.
Gabriele De Santis indaga invece le dinamiche del popolo dei raduni rave che da nord a sud attraversano gli spazi dismessi dell’Italia scoprendo che cio’ che di misterioso, trasgressivo e contraddittorio si puo’ trovare nella comunità rave si stempera nella ricerca comune di un’estetica, di messaggi fatti di norme e precetti, di regole da rispettare e codici di comportamento.
Time as it Was/Time in color di Gülsün Karamustafa interpreta la Turchia contemporanea ed i suoi cambiamenti: attraverso una serie di splendide stampe pubblicate negli anni -70 su un importante quotidiano turco l’artista riflette sull’introduzione del colore nelle vita quotidiana attraverso la televisione e i media.
Quindici anni fa, quando Mike Kelley acquisto’ la sua attuale casa da una famiglia sudamericana, vi trovo’ delle vecchie fotografie che immortalavano i precedenti proprietari in scene di vita quotidiana: Light (Time) Space Modulator e’ esposto in Emotional Community nella sua terza serie, come una giustapposizione di passato e presente nell’unione di due culture.
La comunità familiare e’ presente anche nel lavoro del film maker Akram Zaatari. Video in 5 movements ritrae infatti il fotografo Hashem el Madani in Egitto e in Libano in vacanza con familiari e amici negli anni -60 e ’70.
At what point will common sense prevail di Garrett Phelan esplora l’assimilazione di una informazione in maniera personale e soggettiva e i modi in cui le società creano i loro valori e nozioni di -senso comune-. Phelan approccia questi soggetti complessi, toccando differenti discipline come psicologia, politica, etica e filosofia.