Giovedì 17 novembre, la Galleria Il Ponte Contemporanea di Roma è lieta di inaugurare la personale di Ileana Florescu che presenta una nuova serie di lavori dal titolo Lunatiche. Al piano terra, Le Lunatiche. Cinque fotografie di grandi dimensioni (220x80cm, 150x150cm, 80x62cm), scattate dall’artista in Sardegna catturano, in piena notte, i riflessi della luna nel mare.
Le immagini sono state realizzate usando, a secondo dei casi, uno o più scatti digitali. La Natura, e dunque la luce come parte integrante di essa, traccia scie luminose uniche ed irripetibili che in acqua durano l’arco dell’apertura di un otturatore. Immortalate dalla macchina fotografica, paiono chine disegnate a mano libera: “kanji, linee centripete o centrifughe che implodono o esplodono – dice Florescu – grovigli, nodi, linee fitte o rade, in un susseguirsi labirintico senza costrutto. Citando Fox Talbot, l’inventore del negativo, i riflessi lunari potrebbero definirsi The pencil of Nature”. Sul piano formale l’artista sembra voler rendere un omaggio fotografico a André Michaux e a Cy Twombly così come, nella precedente serie presentata al Ponte, Rapsodie in Blu, si ispirava al cromatismo di Glen Brown. Gli sfondi scuri del mare notturno sono talvolta invertiti in bianco per rendere l’icona del segno più incisiva. Al piano superiore 27 lavori di piccole dimensioni (33x30cm), suddivisi in tre serie che dialogano utilizzando tecniche completamente diverse: le Chine, le Chine fotogeniche, e le Fotografie.
Le Chine:
Chine I-IX. Per la prima volta Ileana Florescu espone disegni ad inchiostro bianco e nero. L’autrice dice: “Il processo a mano libera mi ricorda il gesto quasi automatico del pescatore che smaglia le reti o della ricamatrice intenta alle sue trame. Mentre incido sulla carta irriflesse sensazioni, come loro, riposo la mente. In Italiano – aggiunge Florescu – lunatico, che deriva dalla parola luna, è colui il cui cervello di tempo in tempo patisce alterazione a somiglianza delle innovazioni della luna.”
Le Chine fotogeniche:
Chine fotogeniche I-IX. Sono riproduzioni fotografiche di disegni ad inchiostro ma questa volta tutte invertite (le linee nere diventano bianche e viceversa) creando un’immagine altra da sé stessa. Scattare foto delle chine e trattarle come lavori che vivono di vita propria è un modo provocatorio per dire che ogni singola stampa fotografica ha lo stesso valore di un disegno eseguito a mano, anche se ne è una riproduzione. La maggior parte delle Chine fotogeniche è in mostra senza il corrispettivo disegno originale. Il titolo cita implicitamente i “disegni fotogenici” di Talbot.
Le Fotografie:
Malghe marine IV-XII. Lascito delle maree tipico delle coste bretoni dove pascolano i fotografi, specie romantici, durante l’estate. L’ ironico titolo di questa serie di immagini gioca sull’etimologia della parola Malga (pascolo tipico delle Alpi orientali). La serie delle Malghe marine è stata scattata in Bretagna (Dinard); le fotografie composte da due scatti (analogici o digitali) per cancellare l’orizzonte o i punti cardinali, rappresentano la scia lasciata dalla marea sulla sabbia nel ritirarsi. Due fra queste sono state invertite da positivo a negativo. Nel catalogo della mostra, Tom Healy, poeta e critico d’arte, conclude il suo intervento con queste parole: Günter Grass ha scritto che “ogni forma d’arte è accusa, rivelazione, passione. E’ una lotta all’ultimo sangue tra il nerofumo e il foglio bianco”. Florescu è l’innamorata senza tempo, mica il lottatore all’ultimo gong. Lunatiche è una celebrazione di tecniche calate, e celate, nell’armonia. Il trucco dell’arte sta nel far apparire la grazia della magia. Florescu rivitalizza il nostro senso di stupore e meraviglia, il nostro bisogno di incertezze sonanti. E, finalmente, rompiamo il tabù che per così a lungo ha portato a più alto rango lo sciabordio della rena sottonda rispetto al pennino intinto nella china, alla stampa fotografica, alla digitazione su computer. Florescu ripristina per noi l’integrità dell’illusione. I trucchi, il tran-tran del mestiere, il materiale e la sua messa in opera, tutto sfoca mentre ci concentriamo sulla forma e l’equilibrio, la sagoma e l’ombra – e l’imprevista agnizione. Nessuna forma artistica ha la meglio sull’altra, e tanto meno alcun materiale. Anche l’artista può, ogni volta, cogliersi di sorpresa.