The Veterans Book Project è una biblioteca di libri che Monica Haller sta costruendo insieme ai veterani delle guerre americane di questi anni. Molti libri sono di soldati, uno è di una madre, un altro del fratello di un militare morto in battaglia, un altro ancora di una donna irachena che ha perso le gambe quando un missile statunitense è atterrato sul suo letto. Sono loro gli autori, loro gli esperti. Muovendo dal dimenticato, dal banale o più esattamente da ciò che non è mai stato registrato nella memoria, Haller chiede ai veterani di superare la retorica e puntare al centro del problema. Una foto scattata con il cellulare, una mail, un’annotazione di un diario, un’amnesia: le risorse sono senza limiti. La biblioteca cresce e prende forma con l’eredità delle guerre.
Haller non è l’autrice dei libri. È colei che compone gli elementi del progetto e la griglia che gli autori possono riempire. L’artista cura lo spazio per i loro esperimenti e fornisce il software editoriale, una piattaforma stabile per questo spesso fragile materiale. L’artista è un’ascoltatrice, una redattrice, una grafica, una testimone. Usa il formato del libro per la sua materialità, per la sua qualità di veicolo di storia e di memoria, per la sua stabilità e mobilità. Otto workshop in un anno hanno prodotto trenta libri e migliaia di copie in circolazione. In un tempo di guerre “infinite”, Haller costruisce una comunità di autori e lettori per creare attraverso i libri discussioni e un continuo scambio di conoscenze sulla guerra.
La biblioteca sarà installata dal 6 dicembre alla Nomas Foundation di Roma in una reading room che permetterà ai visitatori di immergersi in un universo convulso e frammentario di memorie intrattabili e di immagini sopravvissute. I libri diventano così dispositivi per scoprire i limiti di ciò che può essere veramente immaginato, e dunque visto e sperimentato in termini culturali, del Reale traumatica e non narrabile della guerra. Guerra che Haller vede come il punto nel quale tutte le strategie discorsive o visive vacillano e crollano, dove la rappresentazione è costantemente sfidata dall’incerta, perversa natura dei fatti, la controparte del mondo immaginario pilotato dai media dove tutti noi abitiamo.
Sfidando la nostra capacità di richiamare il passato, costringendoci a concentrarci sull’abisso traumatico che costantemente minaccia il nostro linguaggio e la nostra vita, Monica Haller si pone l’obiettivo di riattivare il potenziale critico dell’arte come un atto di resistenza, un processo dal quale ogni individuo, esperto o meno, artista o meno, connette se stesso ad un contesto e a una comunità, e ritrova la sua capacità di creare storie e rappresentazioni alternative e forse un linguaggio nuovo – un linguaggio che fa posto al trauma, e in ultimo si afferma come un potente fattore di trasformazione per l’esistenza umana.
A questo fine, ogni libro è strutturato per essere un inizio. Studenti e insegnanti saranno invitati a visitare la Nomas Foundation per attivare la mostra, portandola in una nuova direzione attraverso le loro esplorazioni e le loro voci. Le classi possono ricercare, fare presentazioni, progetti video e produrre nuovi libri. Come prolungamenti che si irradiano dalla biblioteca, le loro voci diventano parte di questo mormorio. Il suono cresce.
Il 13 dicembre, alle ore 18, in collaborazione col MACRO, si svolgerà alla presenza dell’artista una tavola rotonda intorno a The Veterans Book Project con la partecipazione di Andrea Cortellessa, saggista e critico letterario, Arturo Mazzarella, storico e teorico della letteratura, Tommaso Pincio, narratore e saggista. La discussione, moderata da Stefano Chiodi, sarà incentrata sui molteplici spunti offerti dal lavoro di Monica Haller, e in particolare sulla relazione con la letteratura di guerra e l’immaginario mediatico, sui problemi teorici connessi alla possibilità di trasformare in esperienza culturale ciò che per definizione, come il trauma, non può essere narrato o rappresentato.