Des Mondes de Poche/Mondi tascabili è nato da una serie d’incontri in appartamenti romani e parigini. Un’avventura umana per una ridefinizione politica delle piccole comunità che incoraggiano il concetto di condivisione e la qualità degli incontri.
La prima proposta per Camere è un modellino di Yona Friedman & Jean-Baptiste Decavèle, La petite ville spatiale, realizzata appositamente per la mostra. Si tratta di una riattualizzazione di una delle idee chiave di Yona Friedman: La Città spaziale, esempio e teoria architettonica che rimanda al concetto stesso del progetto Camere. Uno spazio che non è costruito, riempito o modificato, ma reso disponibile all’uso.Fin dal 1958, Yona Friedman crea i principi della Città spaziale, la più importante applicazione dell’architettura mobile, una struttura su palafitte in cui si alternano volumi abitati e vuoti formando dei “quartieri” dove si distribuiscono liberamente gli alloggi. La sopraelevazione permette a queste strutture di svilupparsi al di sopra di siti indisponibili, di aree non edificabili o già edificate e di terreni agricoli.
Realizzando per Roma questo modellino smontabile e trasportabile della Città spaziale, Yona Friedman e Jean-Baptiste Decavèle dimostrano -come l’architetto aveva già anticipato nel suo manifesto L’Architettura mobile- che la mobilità non deve essere quella dell’edificio, bensì quella dell’utente al quale viene data una nuova libertà. In effetti, come dimostra l’installazione della prima Camera, la Città spaziale rende lo spazio libero e disponibile senza riempirlo.
I film di Jean-Baptiste Decavèle fanno parte del modellino e sono presentati come film tascabili, proiettati su dei moduli portatili in cartone o carta da calco. Architecture d’aujourd’hui, Architecture Mobile, Paris le 05 septembre 2011 è una sequenza di 25 minuti in cui Yona Friedman nel suo appartamento parigino, sfoglia pagina per pagina, il manoscritto originale dell’Architecture mobile. Oltre a essere una testimonianza sulla relazione che unisce Yona Friedman al suo concetto architettonico, il film è una riattualizzazione materiale e concettuale del pensiero dell’architetto nel cuore stesso della Città Spaziale qui presente. Lo stesso avviene per Iconostases 25 i.s., durante il quale Yona Friedman costruisce per la prima volta in scala 1:1 un’iconostasi.
Yona Friedman afferma che “L’architettura nuova potrebbe essere lasciata all’improvvisazione degli abitanti. È necessario concepire delle tecniche che facilitino l’improvvisazione. Questa improvvisazione è una soluzione sociale per l’individuo. Essa può condurre a una nuova estetica”.
Dimostrando che ogni azione costituisce solamente una tappa intermedia ed evolutiva di un cantiere gigantesco e in perpetua creazione, l’intervento di Fabrice Hyber all’interno di Camere incoraggia il rinnovamento delle consuetudini e dei comportamenti. La sua proposta si sviluppa intorno alla presentazione di una serie di POF (Prototipi di Oggetti in Funzionamento) sospesi al soffitto con una moltitudine di disegni. Fabrice Hyber offre al visitatore la possibilità di immergersi nel suo universo in cui altera la funzione originale di una grande quantità di oggetti familiari presi in prestito dal mondo quotidiano. Così facendo modifica la coscienza e la pratica che abbiamo di questi oggetti in quanto la loro nuova forma stimola e genera nuovi atteggiamenti.
Fabrice Hyber lascia al visitatore come messaggio che “a casa tutto è possibile, per il progetto do it da fare a casa di Hans-Ulrich Obrist, avevo suggerito: fai quello che vuoi. Una camera è un’esperienza quotidiana, vi traspirano dei desideri e qualche volta ci si muore. Tutto in una camera è nostro e per noi: dalle note per memoria alle impronte”.
La terza e ultima Camera è di Gianfranco Baruchello. Rifiutando il mito di una predominanza duchampiana priva di errori, Baruchello avverte nell’eredità dell’opera del suo amico una formidabile risorsa di libertà. Nella sua Camera crea degli esercizi per il cervello, una Psicogim, con istruzioni e piste che pongono il visitatore dinanzi a un baratro attraverso la lettura di un testo critico e pratico dove si ritrova a ripercorrere la propria vita, una giornata tipo, in cui l’attività psichica viene messa alla prova attraverso immagini, oggetti e brani letterari che trova intorno a sé. Una ginnastica per l’immaginazione e per le idee.
Gianfranco Baruchello spiega “Ho fatto da molti anni una scelta che rifiuta il dualismo tra realtà e irrealtà e che apre alla terza via della tendenza e della propensione. Quella scelta presuppone il superamento di soluzioni intermedie quali l’auto convincimento della prova o il grande racconto fiabesco. Scienza e conoscenza costeggiano il caso, il possibile e il probabile, avventurandosi nei territori dell’incerto e dell’intelligenza parallela. Ne deriva l’inquietante sensazione che l’intelligenza umana, in rapporto a quella ineluttabile, precisa e matematica della Materia–Natura, possieda infatti (come i motori nuovi delle auto) un diaframma che impedisce di varcare i limiti dove la mente vacilla ed esita. L’Arte, oggi, è il sintomo (ancora precoce) che è possibile andare oltre quel diaframma. Per fare questo servono nuovi linguaggi-ipotesi e molto coraggio di fronte al rischio.
Le nuove tecnologie non bastano ma possono almeno concorrere a formulare con più precisione i termini di quella sfida. L’artista, continua comunque a porsi domande e a proporre idee ma anche a tracciare nuovi perimetri, cercando altre immagini e modi intorno e dentro la sua mente”.
Des Mondes de Poche presenta un dispositivo umano che si relaziona a gruppi di due o più persone per convergere verso una situazione nella quale uno può far progredire l’altro. L’insieme aspira così a scambiare idee senza imporsi all’altro, ad aggiungere dei comportamenti, delle soluzioni piuttosto che opporne altre, ad arrivare a visioni meno dualistiche per sviluppare l’idea della relatività, della mobilità e della relazione.
Inaugurazione il 31 Gennaio 2012 alle 19:00
Fino al 30 marzo 2012
RAM radioartemobile
Via Conte Verde n.15 – Roma