Kill list è uno di quei film che ti inganna.
Il film di Ben Wheatley del 2011 inizia si sviluppa e si conclude come fossero almeno tre film diversi.
Non sai e forse non saprai mai di cosa sta parlando e gli irresoluti sono più dei soluti.
Ma alla fine ti ha tenuto in tensione e sulle spine per tutto il tempo, parlandoti di che cos’è il mistero, cosa la violenza, cosa il senso del complotto.
Non c’è bisogno di scomodare Eyes Wide Shut perché qui il complotto non ha una deriva sessuale, addirittura forse è l’io, l’indole, quella che si mette in gioco o si deride.
Un traviato concetto di “eletto”
Inizia come un film sul disagio familiare ed economico di una famiglia, poi si trasforma in una misteriosa spy story, si chiude con mille complicazioni lobbistiche.
Come non sempre accade alla fine del film brancoli ancora per qualche istante, nel dubbio che qualcosa, durante la trama, ti sia sfuggito.
Personalmente decido di alzarmi dal divano, concludo che se così è, non ha nemmeno molto senso inseguire, registro il mio disagio e l’irrequietezza come segnali positivi, mi inoltro nel pensare una recensione.
Dogmi silenziosi, doppie facce, un Male che opprime e che spinge a liberarsi di se, qualcosa che si crea e si evidenzia attorno a qualcuno. Al protagonista. Molte cose in questo lavoro. si intrecciano nella mente proprio come nel film.
Personalmente lo segnalo come film da vedere.