Brand New Gallery di Milano inaugura l’11 aprile Il sole mi costrinse ad abbandonare il giardino, mostra personale di Alessandro Roma, primo artista italiano ospitato ad esporre nell’intero spazio della galleria. Il giardino è un luogo magico, di concezione antichissima, che porta con sé una metamorfosi perenne nella costruzione e nel significato, in cui l’uomo crea un punto d’incontro e di perfetta armonia con la natura. Ciò che resta inalterata nel tempo è la visione paradisiaca di questo luogo incantato e fertile, Eden cercato e ricreato dall’uomo sulla terra (basti pensare che gli antichi Persiani chiamavano il giardino pairi-daeza). A differenza di un paesaggio che si apre a chi lo osserva, il giardino per essere scoperto deve essere attraversato, esplorato, scrutato a fondo, in quanto è celato nel suo recinto che ne determina e custodisce la forma.
Questo genere di approccio è la chiave per comprendere le opere di Alessandro Roma ospitate presso lo spazio milanese, che suggeriscono allo spettatore una catarsi e una predisposizione mentale attraverso cui calarsi nelle forme che si intersecano, in un collage di ricordi e nelle suggestioni che prendono vita sulla superficie scultorea e pittorica. Il tema del giardino è preso in considerazione solo idealmente e non in modo documentaristico, allo stesso modo in cui Paul Klee per lunghi anni ha affrontato nella sua pittura l’archetipo del giardino, pur senza mai descriverlo nella sua forma realistica, o come Monet, che addirittura giunse a realizzarne uno vero e proprio alle porte di Parigi che divenne il principale soggetto del suo studio. Alessandro Roma nel suo lavoro restituisce la duplice forma del paesaggio e del giardino, completezza e frammento, di uno spazio definito che custodisce al suo interno elementi di richiamo che non sono però di immediata assimilazione. La pittura vive in equilibrio tra figurazione ed astrazione, la scultura restituisce al contempo forme antropomorfe e la memoria di contenitori atavici di elementi naturali, mentre i collages si configurano come bozzetti che tracciano visioni surreali.
La mostra si compone di un nucleo di grandi quadri che, insieme alle sculture ed ai collages, costituiscono un percorso onirico negli spazi della galleria. Le opere pittoriche evocano luoghi ad un primo sguardo indefiniti, ma, se scrutate attentamente, permettono di scorgere alberi, sentieri e accenni di figure: attraverso il disegno, la pittura ed il collage si prende la distanza da una rappresentazione centripeta e si dà libero spazio a diverse aperture mentali e prospettiche, ottenute attraverso la moltiplicazione dei punti di fuga, mentre l’impiego simultaneo di diverse tecniche artistiche consente di creare interessanti sollecitazioni visive.
Le opere plastiche, realizzate in terracotta e dipinte con pigmenti naturali, richiamano gli elementi scultorei di antichi giardini, ruderi, monumenti e ninfei, e si sviluppano nella forma del vaso, non solo a livello suggestivo, ma svolgendone talvolta la stessa funzione: infatti le sculture vigilano sulle piante in esse contenute, arbusti identificati nell’antichità come panacee curative o ritenuti provvisti di poteri magici. Una serie di piccoli collages distinti e delimitati dalle cornici cromaticamente dissimili fanno da supporto alle sculture, in quanto fungono da studi e bozzetti preparatori, attraverso immagini surreali liriche e suggestive che rimandano all’opera attraverso il segno, la materia ed il colore della forma scultorea.